Crisi energetica: ma quanto fotovoltaico c’è in Emilia-Romagna?

La crisi degli ultimi mesi ha mostrato ancora di più la necessità di una transizione energetica verso le rinnovabili e l’indipendenza dalle fonti fossili. Ma in Emilia-Romagna la strada è ancora lunga, con le rinnovabili che contribuiscono ancora troppo poco al mix energetico


L’Emilia-Romagna sta lavorando per la transizione energetica e un futuro più sostenibile, tuttavia la dipendenza da fonti fossili è ancora alta e le rinnovabili non sono sufficienti a coprire i consumi della popolazione. La situazione è resa ancor più grave dal recente caro energia degli ultimi mesi, a cui si è aggiunta anche la tensione geopolitica e la conseguente speculazione dovute alla situazione ucraina. Il picco del caro gas e la difficoltà nel suo reperimento ripropongono vecchie sfide: consumare di meno e sprecare di meno. Che devono andare di pari passo con un ampliamento degli impianti di produzione energetica rinnovabile, al fine di incrementare la produzione elettrica sul territorio e di limitare gli impatti sull’ambiente.

Dai dati di ARPA Emilia-Romagna riportati nel grafico sottostante emerge che negli ultimi anni non c’è stato un significativo ampliamento della produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Il problema principale delle FER è il fatto che offrono una fonte discontinua di energia. Basti pensare che in una giornata temporalesca l’impianto fotovoltaico non permetterà di sostenere i fabbisogni energetici di un’abitazione. Lo stesso si può dire per un’estate arida e la produzione da sistemi idroelettrici. Potrà essere rilevante in futuro creare strumenti per l’immagazzinamento dell’energia prodotta e ampliare i parchi energetici e i sistemi di produzione annessi.

La Regione offre diverse tipologie di energia verde onshore, ossia installate sulla terraferma. Nel 2021 proponeva un aumento degli impianti eolici offshore, ossia in mare. Nel 2020 l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico e il termoelettrico a biomassa coprivano il 27,2% della produzione annuale lorda di energia elettrica dell’Emilia-Romagna: una percentuale ancora non sufficiente per permettere ai cittadini di distaccarsi dal consumo di gas o di combustibili fossili.

La dicitura “non rinnovabile”, in contrapposizione alle fonti rinnovabili, è una fonte di produzione con una disponibilità limitata, un tempo di rinnovo estremamente lungo (centinaia e/o migliaia di anni), un costo di estrazione, produzione e trasporto non trascurabile e che dipendende dal mercato. Ultimo, ma non per importanza, una fonte non rinnovabile spesso ha un impatto rilevante sull’ambiente, con emissioni di sostanze climalteranti che in una logica di decarbonizzazione non possono passare in secondo piano.

 

L’urgenza di convertire la produzione di energia elettrica di origine fossile alle rinnovabili deriva anche dal tasso di emissioni di CO2 nell’ambiente e dal conseguente impatto che la prima fonte ha sul clima e sulla salute dei cittadini. La maggior parte dell’energia che viene utilizzata nella Regione è di origine fossile non rinnovabile. Come riporta da ARPAE, nel 2020 il 72,9% di produzione annua lorda di energia elettrica in Emilia-Romagna è dipesa dalle fonti fossili, mentre il restante è a carico dalle rinnovabili: poco più di un quarto. Attualmente, il fotovoltaico rappresenta il 10% della produzione annuale lorda di energia elettrica e il 36% delle fonti rinnovabili. Bologna registra il più alto numero di impianti fotovoltaici su tutto il territorio emiliano-romagnolo, ma non la maggior potenza installata - primato da attribuire a Ravenna.

Le province emiliano-romagnole si posizionano nella media italiana per quanto riguarda i consumi pro capite del 2020. Secondo i dati ISTAT dello stesso anno, il consumo pro capite medio nei capoluoghi città metropolitana è di 3.416 kWh/abitante, in cui Bologna si rispecchia.

Nel grafico viene utilizzato il ktep, o migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio, come unità di misura per quantificare i consumi da fonti energetiche (combustibili ed energia elettrica da fonti rinnovabili e non). Come riporta ACEA, uno dei fornitori di energia italiani: “Il valore energetico di un tep si può comparare con il consumo annuale di energia elettrica di una famiglia media.”

Secondo l’ARPAE, nel 2014 l’Emilia-Romagna ha registrato il più basso tasso di consumi elettrici dal 2000, grazie a un felice connubio fra un mercato favorevole e un clima mite. Un anno isolato. Già dal 2015 il trend è in costante aumento fino al 2019. Il 2019 inoltre mostrava un leggero calo nei consumi energetici rispetto all’anno precedente, tuttavia in linea con l’aumento degli anni precedenti.

Da maggio 2021, i prezzi delle materie prime, del gas e dell’energia hanno iniziato a salire in tutta Europa. Negli ultimi mesi, l’Italia ha sofferto più di altri attori europei perché non era e ancora non è in grado di sviluppare un mix energetico a preponderanza rinnovabile e indipendente. La nostra fonte primaria è il gas, utilizzato per coprire quasi il 50% del fabbisogno energetico. Inoltre, la dipendenza dai combustibili fossili d’importazione è ancora forte. Oltre al caro energia, si registra un aumento dei consumi in tutti e quattro i settori. Una dura lezione che questa crisi economica sta dando è quella di essere più parsimoniosi del passato e imparare a non sprecare risorse che non sono infinite e che non ci appartengono.

 

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benedetta pagni - formicablu