Più rinnovabili ed efficienza energetica per realizzare transizione ecologica

Il rapporto Ispra Transizione Ecologica Aperta – dove va l’ambiente italiano mostra come sta cambiando, anche per l’Italia, il modo di produrre e impiegare l’energia. I dati mostrano che la transizione energetica è in corso, ma il paese è ancora troppo dipendente dai combustibili fossili.


Dalla fine del 2021 è cominciato un forte rincaro del prezzo dell’energia che tutti vediamo in bolletta. Questo fenomeno ha prevalentemente ragioni geopolitiche. I paesi europei dipendono dal gas importato dalla Russia, che copre il 40% del fabbisogno, ma al momento l’offerta non è adeguata alla domanda delle economie in ripresa. I prezzi salgono, perché non esiste al momento un’alternativa, e la materia prima diventa un’arma diplomatica. Solo in minima parte l’aumento di prezzi è dovuto invece alle politiche climatiche, come la tassa sul carbonio.

Non è la prima volta che ci sono crisi energetiche per ragioni simili, non sarà l’ultima. Nel caro bolletta possiamo anche vedere altro: che la strada verso un’economia e emissioni zero è ancora lunga. Ma è cominciata, come spiega il rapporto Transizione Ecologica Aperta dell’Ispra.

L’Italia consuma meno energia

Dal 1990 al 2005 il fabbisogno energetico dell’Italia è aumentato del 30%: in quell’anno abbiamo consumato 189,4
Mtep (Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Quello è stato il nostro picco dei consumi, che hanno preso a scendere. In parte è stata la crisi economica, che ha colpito un po’ tutti settori produttivi e quindi i cittadini, ma non solo. Il rapporto osserva che nel 2019 il nostro Pil è stato dell’1% inferiore al 2005, ma allo stesso tempo abbiamo consumato ben il 18% di energia in meno rispetto allo stesso anno. In altre parole l’economia può crescere anche consumando meno energia.

Il rapporto tra il PIL e il fabbisogno energetico (CIL, Consumo interno lordo) è l’intensità energetica. Come spiega l’Enea è un indicatore di quanto è energeticamente efficiente l’economia. L’Italia è tra i paesi a più bassa intensità dell’Europa, anche se le distanze si stanno accorciando. Il rapporto pone l’accento sull’elettrificazione dell’industria cioè dalla quota crescente di industrie che utilizzano l’elettricità nei processi produttivi. Significa che invece di bruciare sul posto combustibile per alimentare forni o motori, negli anni sempre più attività sono passate all’elettricità e quindi a tecnologie più efficienti. L’elettrificazione, invece, non è ancora penetrata in altri settori, come quello dei trasporti.

Il mix energetico e le emissioni

Il fabbisogno energetico di un paese è soddisfatto da diverse fonti, che complessivamente definiscono il mix energetico: comprende fonti fossili, fonti rinnovabili ed energia elettrica importata. Negli ultimi decenni, osserva il rapporto, il mix energetico è cambiato di pari passo con le tecnologie. Tra le fonti fossili, il gas è arrivato a dominare sugli altri combustibili fossili (ma non, per esempio, nel settore dei trasporti). Questo ha portato alcuni vantaggi: bruciare gas, per esempio per produrre energia elettrica, è più efficiente e meno inquinante rispetto all’uso di carbone o derivati pesanti del petrolio. Dal punto di vista ambientale, però, questa è un’arma a doppio taglio. Bruciando, il gas emette sì meno anidride carbonica rispetto alle altre fossili, ma questo non considera tutte le emissioni di metano (un altro gas serra) associate alla sua estrazione e trasporto. Nel nostro caso molte emissioni avvengono fuori dal paese di consumo, ma per il clima questo è irrilevante; in second’ordine la bolletta fa capire quanto sia necessario ridurre la dipendenza da questa materia prima.

Quote di energia per fonte del fabbisogno nazionale nel 2019. Fonte: Elaborazione ISPRA su dati Eurostat, in Rapporto Transizione Ecologica aperta, 2021

Nel 2019 le rinnovabili hanno coperto il 19% del nostro fabbisogno, nel 2005 poco più del 7%. C’è stata, quindi una forte crescita del settore. In questa percentuale (energia primaria) sono incluse sia le fonti rinnovabili che producono energia elettrica (idroelettrico, eolico, fotovoltaico) sia l’energia prodotta con le biomasse, in parte, coi rifiuti, che può diventare sia elettricità che energia termica.

Meno energia, in parte più pulita, hanno ridotto le nostre emissioni nazionali del 19% rispetto al 1990, da 519 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente a 418 milioni. La riduzione rispetto al picco del 2005 è invece del 29%. La decrescita però è ancora troppo lenta, e quanto pianificato finora rischia di non farci centrare gli obiettivi del cosiddetto Green Deal. Secondo l’ISPRA, scrive il rapporto TEA, il piano Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) adottato nel 2020 è insufficiente per diminuire del 50% le emissioni nel 2030 rispetto al 2005, e del 65% rispetto nel 2050.

Le rinnovabili in Emilia-Romagna

Per quanto riguarda la nostra regione, molte informazioni sullo sviluppo di rinnovabili ed efficientamento sono contenute nell’ultimo rapporto di monitoraggio (gennaio 2021) del PER, Piano energetico regionale. L’Emilia-Romagna si muove in linea con gli obiettivi europei promuovendo la decarbonizzazione e in particolare enfatizza lo sviluppo delle rinnovabili. Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica lo, sforzo maggiore riguarderà il fotovoltaico, molto sotto-rappresentato rispetto agli obiettivi.

L’espansione dell’eolico è invece limitata dalla disciplina regionale: la realizzazione di impianti a grande capacità si scontrano con vincoli fisici e ambientali. Questo però vale soprattutto per l’eolico onshore, cioè a terra, quindi l’espansione dell’eolico potrebbe proseguire con impianti off-shore. Continua a crescere, sebbene di poco, l’idroelettrico, mentre per le bioenergie (produzione di elettricità da biomasse-biogas) la regione è seconda a livello nazionale. Per quanto riguarda invece l’energia termica ci sono ancora ampi margini di intervento. Il riscaldamento con biomasse è ben rappresentato, ma occorre incentivare la diffusione di pompe di calore per il riscaldamento/raffrescamento e  il teleriscaldamento. Una parte del metano potrà essere sostituito, nei prossimi anni dal biometano, ricavato dai rifiuti organici, ma siamo ancora in fase sperimentale. Solare termico e geotermia sono invece per il momento marginali.

 

Stefano Dalla Casa – formicablu