Verde pubblico, come siamo messi

Circa 1000 ettari: è questa la superficie verde pubblica di Bologna, pari più o meno al 7% del territorio comunale. Ben sopra la media del 2,7 % registrata dall’ISTAT per i capoluoghi di provincia italiani, soprattutto grazie ai parchi e ai prati delle colline fuori porta. E senza contare le aree verdi private, nascoste nei cortili privati del centro città e nei quartieri. L’obiettivo dell’amministrazione espresso dal nuovo Piano Urbanistico Generale (di cui parleremo più a fondo delle prossime settimane), però, è di portare la percentuale di terreno pubblico verde al 10% e di incrementare il numero di alberi sul territorio comunale di 1300 nuovi esemplari all’anno.

Ma cosa rientra, oggi, nel grande insieme del “verde pubblico” bolognese? Circa il 70% del verde pubblico comunale è organizzato in parchi e giardini, ed è accessibile a tutti gli abitanti. Il resto è suddiviso tra le aree verdi nei cortili delle scuole, gli impianti sportivi, le piccole zone attorno agli edifici pubblici, e il cosiddetto “verde di arredo” (aiuole stradali, fioriere, eccetera).

La gestione del verde pubblico

Come funziona la gestione di questo patrimonio verde? Se negli anni ’70 il Comune si occupava direttamente della manutenzione, nel tempo l’amministrazione è stata via via esternalizzata. Dal 2008, lo strumento da cui passa tutta la manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico è il Global Service Verde, un appalto che affida l’incarico a un’associazione temporanea di imprese (ATI) costituita da diverse cooperative, per un periodo di 5 anni. Nel 2017, il finanziamento annuo per l’incarico ammontava a circa 8,5 milioni di euro, per una spesa per metro quadro di circa 0,7 euro annui. Tutto sommato non molto, se confrontiamo questo dato con la spesa per la manutenzione del verde in altri capoluoghi italiani (Milano spende 1,2 €/mq) o europei (come Barcellona, che spende 4,5 €/mq).

Le attività di manutenzione includono la pulizia, la cura degli alberi, il taglio dell’erba e la coltivazione di siepi e cespugli, oltre agli interventi di messa in sicurezza e il pronto intervento in caso di situazioni di pericolo (come nel caso di alberi caduti per forti venti e nevicate). Tra le attività meno evidenti, ma altrettanto fondamentali, c’è anche il monitoraggio continuo dello stato di salute del patrimonio verde, che è necessario per capire come pianificare e organizzare gli interventi. Lo strumento che il Comune di Bologna usa per arrivare a questo obiettivo è il Sistema Informativo del Verde Urbano (SIVU), un database che integra carte del territorio, dati dei censimenti e informazioni raccolte dagli appaltatori, che riguardano praticamente tutti gli aspetti del verde comunale. Il risultato è un flusso consistente di comunicazioni che riguardano la manutenzione del verde: circa 80.000 l’anno, di cui circa 6.000 sono segnalazioni che arrivano direttamente dai cittadini.

Il censimento e la manutenzione degli alberi

Secondo l’ultimo Bilancio arboreo del Comune di Bologna, nelle zone pubbliche della città ci sono più o meno 120.000 alberi; di questi, circa 18.000 sono posizionati lungo le strade e 40.000 sono compresi in boschi o macchie. Dal 2004 il Comune fa anche il censimento annuale di una larga parte di queste piante, in modo da monitorarne lo stato di salute. Dal censimento del 2015, che ha registrato le caratteristiche di quasi 79.000 alberi, le famiglie di piante più comuni sul territorio della città sono frassini, bagolari, tigli, aceri e pioppi; negli ultimi anni, i dati raccolti attestano che il numero di piante mature è aumentato: il grafico qui sotto mostra la suddivisione in base all’altezza, un buon indicatore dell’invecchiamento degli alberi. Quelli considerati maturi, cioè più alti di 16 metri rappresentano più o meno il 18% del totale, poco meno di un albero su cinque.

 

Questo dato avrà sicuramente un impatto sulla manutenzione necessaria negli anni futuri. Ogni anno, il 3% degli alberi sul territorio comunale viene abbattuto: si tratta di piante colpite da funghi e altri agenti che portano alla degenerazione del legno (che le rendono quindi potenzialmente pericolose per i cittadini e per le altre piante), oppure alberi già morti. Una percentuale che sembra alta, ma che è fisiologica per un patrimonio arboreo così grande – e spesso sottoposto allo stress della vita cittadina.

 

Una convivenza difficile

Rispetto agli alberi piantati nei parchi o in ambienti naturali, quelli urbani sono meno esposti alla luce solare diretta, fondamentale alle piante per crescere in salute; sono anche sottoposti a correnti d’aria spesso improvvise e veloci (come quelle create dal traffico o i venti che si incanalano tra gli edifici), e a concentrazioni maggiori di sostanze inquinanti. Se queste condizioni hanno un impatto sulla parte dell’albero che vediamo, l’ambiente cittadino mette a dura prova anche quella nascosta: le radici. Nelle piante sane, le radici si espandono sottoterra per un volume simile a quello della chioma: un’impresa ardua in città, dove il suolo è spesso povero di sostanze organiche, di ossigeno e di acqua. E dove lo spazio a disposizione è poco. Le radici in crescita spesso si scontrano con le tubature sotterranee o con l’asfalto di strade e marciapiedi, e molte volte hanno la meglio.

Proprio per questo, la scelta delle specie da piantare in città è cruciale e va calibrata in base a ogni specifico luogo. Se, come avveniva spesso in passato, questa scelta viene fatta con leggerezza e seguendo solo l’idea di piantare il più alberi possibile, non c’è servizio di manutenzione che tenga.

Nei prossimi anni, molto probabilmente assisteremo a un cambiamento nel panorama degli alberi cittadini: il già citato Piano Urbanistico Generale, approvato a fine 2020, cita tra gli obiettivi un rinnovamento delle alberature stradali di circa 100 esemplari l’anno. È proprio di questi giorni, per esempio, la notizia del taglio di un filare di 36 bagolari in Via Torino, che verranno sostituiti con 40 esemplari di specie ritenute dal Comune più adatte a quella specifica posizione. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli esemplari abbattuti vengono sostituiti con nuove piante; in tutti i casi in cui è possibile, il nuovo albero viene ripiantato nella stessa posizione. Nella scelta della specie da ripiantare vengono privilegiate le piante autoctone, ma anche quelle con particolare potere di catturare le polveri sottili e l’anidride carbonica (CO2), che quindi migliorano la qualità dell’aria.

 

Alberi alleati nella lotta contro le emissioni di CO2

Per compensare le emissioni di CO2, dal 2013 il Comune usa anche il protocollo GAIA, uno strumento di partnership tra pubblico e privato pensato per favorire la forestazione urbana. L’obiettivo di GAIA è coinvolgere imprese e associazioni, che possono compensare le loro emissioni piantando alberi particolarmente efficaci nell’assorbire gli inquinanti. Le specie selezionate, scelte dal partner scientifico del progetto Ibimet-CNR, hanno anche la caratteristica di rilasciare nell’aria pochi allergeni e altre sostanze volatili. Una combinazione ideale per convivere bene con gli abitanti (umani) della città.

Alcune specie selezionate all’interno del progetto GAIA. Guarda la lista completa.

Foto di copertina di Margherita Caprilli

 

di Anna Violato – formicablu

Anna Violato è una comunicatrice della scienza freelance che vive a Bologna. Collabora con RADAR Magazine, testata online che racconta i cambiamenti del clima e dell’ambiente, con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con la casa editrice Zanichelli.