100 città che siano uno specchio dell’Europa, per la neutralità climatica: intervista a Matthew Baldwin

Intervista al Mission Manager della Missione Climate-Neutral e Smart Cities


 

A gennaio il comune di Bologna ha annunciato la sua candidatura alla Missione Climate-Neutral and Smart Cities dell’Unione Europea, un programma in cui 100 città in tutta Europa faranno da apripista per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. L’elenco delle città sarà annunciato il 28 aprile, ma il sindaco Matteo Lepore ha già annunciato l’intenzione di proseguire e puntare all’obiettivo net zero entro il 2030, indipendentemente che la città di Bologna venga scelta.

Ne abbiamo parlato con Matthew Baldwin, Mission Manager della Missione Climate Neutral e Smart Cities, per capire perché le città sono fondamentali per trovare modi efficaci per ridurre le emissioni a livello locale e combattere il cambiamento climatico.

 

Perché le città e le iniziative locali sono la chiave per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica?

“Quando si parla di Green Deal europeo, la città è il crocevia in cui la politica incontra le persone. Sono i sindaci che, nella loro attività quotidiana, incontrano direttamente i cittadini e le loro necessità locali, sia positive che negative. E l’idea che – a Bruxelles, a Roma o in qualsiasi altra sede – si possa elaborare un piano perfetto, che funzioni per ogni città, è semplicemente sconnessa dalla realtà. […] L’idea alla base della Missione è quella di riunire tutti i dipartimenti di una città, ma anche di una nazione e della Commissione Europea. Quelli di neutralità climatica e Smart City sono concetti ampi che possono essere abbracciati dall’intera città: non solo dall’ufficio che si occupa di clima, ma da quello dei trasporti, quello dell’energia, dai tecnici che si occupano della ristrutturazione degli edifici”.

 

Dunque ogni città dovrà trovare un proprio modo, locale, per raggiungere la neutralità climatica. La descrizione della Missione Città Neutrali sottolinea anche l’importanza della partecipazione dei cittadini in questo percorso: come avverrà?

“Un punto cruciale, che voglio sottolineare, è che questo non è un processo dall’alto verso il basso, imposto dalla Commissione. Il modo più efficace per coinvolgere i cittadini a Bologna non sarebbe necessariamente uguale a quello da adottare a Palermo, a Milano o in una città in Germania, Grecia o Romania. Ogni città ha dimensioni, cultura politica, tradizioni diverse. La nozione di città è nata nell’Europa meridionale, e includeva l’elemento della partecipazione dei cittadini fin dall’inizio. Penso che la Missione sarà un ottimo strumento per stimolare la partecipazione dei cittadini, perché riunisce tutti i settori e i dipartimenti di una città, ma anche quelli di una nazione e della Commissione sotto un obiettivo comune”.

 

Le missioni sono una novità nella “cassetta” degli strumenti per finanziare la ricerca e l’innovazione nell’Unione europea. Come guideranno l’innovazione?

“Quello della missione è un concetto che deriva dal lavoro dell’economista Mariana Mazzuccato, che ha proposto un’idea alternativa su come distribuire i fondi per la ricerca e l’innovazione nell’Unione. Per esempio, prendiamo un problema enorme come il cambiamento climatico: invece di lanciare 50 diversi progetti di ricerca per vedere se riusciamo a trovare delle soluzioni, Mazzuccato ha proposto di fissare obiettivi concreti e impegnativi, con scadenze definite nel tempo. Questo non solo in relazione al cambiamento climatico, ma in relazione a tutte le grandi sfide che la società oggi affronta. […] E pensiamo ai vantaggi collaterali di un’azione di questo tipo! Ad esempio, molte città italiane hanno problemi di qualità dell’aria: non ci sono solo i gas serra, ma anche gli ossidi di azoto (NOx), il particolato e altri inquinanti che causano problemi di salute ai bambini. Se riduciamo le emissioni di gas serra e la nostra dipendenza dalle auto, di conseguenza riduciamo anche quei problemi per la salute, riduciamo la congestione nelle nostre strade, le morti e i feriti a causa degli incidenti stradali. Se passiamo a forme di energia rinnovabile e ristrutturiamo gli edifici per ridurre il consumo di energia, tutto ciò ridurrà anche la nostra dipendenza dal gas naturale di Vladimir Putin e aumenterà la sicurezza energetica delle comunità locali”.

 

C’è da dire che ridurre il traffico e ristrutturare gli edifici può sembrare un po’ meno “appariscente” di ciò che generalmente consideriamo innovazione.

“Mi è capitato di sentirmi dire: beh, sono tutte belle idee, ma questa non è innovazione. Ma capovolgere la governance di una città per soddisfare un’esigenza scientificamente provata – questa è decisamente innovazione. Magari è low-tech, ma è un metodo che porterà innovazioni nella finanza, innovazioni nella scalabilità, innovazioni nella partecipazione dei cittadini. E ci sono progetti “analogici” che le città possono implementare e che possono fare davvero la differenza, come le piste ciclabili”.


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Come è stato accolto l’annuncio della Missione dalle città di tutta l’UE?

“Ad essere onesti, eravamo molto in ansia prima dell’apertura delle candidature. Mi sono chiesto: e se nessuno si candidasse? Ma un’analogia che penso sia calzante è che eravamo come una stazione sciistica che sperava disperatamente cadessero dieci centimetri di neve… ed è stata travolta da una valanga. Abbiamo ricevuto 377 domande, provenienti da città da ogni stato membro dell’UE – il che è estremamente importante – più da paesi associati e paesi che hanno chiesto di essere associati. Per esempio, dall’Italia più di 40 città hanno presentato la loro candidatura”.

 

Secondo lei, perché così tante città si sono riconosciute nell’obiettivo della missione?

“Sarebbe interessante analizzare perché così tante città si sono fatte avanti. Mi piace pensare che sia perché questa missione ha toccato un nervo scoperto, e che le città sentano un forte senso di responsabilità, sapendo che il cambiamento climatico è la sfida esistenziale del nostro tempo. Mi sono reso conto per la prima volta di questo senso di responsabilità quando sono andato alla COP26 di Glasgow e ho incontrato tanti sindaci entusiasti. Il cambiamento climatico è un problema globale e viene discusso al livello degli stati. Ma verrà affrontato a livello locale, che sia nella foresta pluviale o nelle città. E tante città da tutto il mondo erano lì a Glasgow, dicendo siamo ambiziosi, più ambiziosi dei nostri Stati membri, in molti casi. Così sono tornato sapendo che potevamo contare sulla partecipazione delle città. Questo dipende, credo, anche dall’idea dei co-benefici delle azioni locali di cui ho parlato prima”.

 

Cosa ha guidato la scelta delle 100 città che entreranno nella selezione?

“Abbiamo volutamente mantenuto solo due requisiti formali necessari alla candidatura, [le dimensioni della città e l’aver dichiarato l’ambizione a raggiungere la neutralità climatica entro il 2030]. La candidatura si basava su un questionario che chiedeva cosa avessero fatto le città finora, cosa stessero facendo ora, quali fossero i loro piani per il futuro. Non perché volessimo indire un concorso di bellezza: sarebbe stato molto facile scegliere le 100 città già più vicine a raggiungere la neutralità climatica. Ma non sarebbe stata una sfida: quello che volevamo era avere un gruppo che assomigliasse davvero all’Europa. Quindi proveniente da tutti gli stati membri e con una varietà di città: città montuose più piccole, città medie, città più grandi, città insulari, città portuali, città che si stanno concentrando su strumenti digitali, città con problemi locali. Ad esempio, ho sentito che Bologna si sta confrontando con il problema di come rendere più efficienti gli edifici, quando molti sono palazzi storici e da tutelare. Queste questioni locali sono essenziali per dimostrare se la missione è davvero lo strumento giusto per affrontare il problema del cambiamento climatico nelle città”.

 

Cosa succede alle città che non saranno selezionate?

“Stiamo cercando modi per creare una rete di città, attraverso gemellaggi, formazione o altri accordi. Il Consorzio Net Zero Cities lavorerà anche alla gestione di una piattaforma open source per consentire alle città non selezionate tra le prime 100 di partecipare. E se saremo in grado di dimostrare che le città hanno successo e dimostrare che questo metodo funziona, spero che in futuro potremo espandere il programma e coinvolgere molte altre città”.

 

 

di Anna Violato – formicablu

Anna Violato è una comunicatrice della scienza freelance che vive a Bologna. Collabora con RADAR Magazine, testata online che racconta i cambiamenti del clima e dell’ambiente, con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con la casa editrice Zanichelli.

Immagine di copertina: TeaMeister/Wikimedia