Piove sul bagnato: nell’ultimo rapporto ISTAT sull’acqua (2020-2023) si conferma la fragilità del nostro sistema idrico. Ci aiuterà il PNRR?
In Italia c’è acqua in abbondanza (siamo il terzo paese in Europa per disponibilità), ma la sua distribuzione è inefficiente a causa delle numerose perdite; quella che esce dai nostri rubinetti è ottima, ma siamo tra i maggiori consumatori di acqua imbottigliata (parliamo di quasi mezzo milione di tonnellate di PET, di cui non si ricicla nemmeno la metà); potremmo usare le acque dei depuratori per irrigare ma non lo facciamo.
Nel contesto del cambiamento climatico la gestione delle risorse idriche in Italia è diventata, se possibile, ancora più importante. Eppure il rapporto Le statistiche dell’ISTAT sull’acqua – ANNI 2020-2023, uscito a primavera in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, racconta una storia che già conosciamo.
Perdite idriche: un problema persistente
Uno dei dati più preoccupanti riguarda le perdite idriche, ma non è una novità. Nel 2022, il 42,4% dell’acqua immessa nelle reti comunali italiane è andato perso prima di raggiungere i rubinetti delle abitazioni e delle imprese. In termini pratici, si tratta di 3,4 miliardi di metri cubi di acqua, sufficienti a soddisfare le necessità idriche di oltre 43 milioni di persone in un anno. Il problema delle perdite non è nuovo: già nel 2020 le perdite erano del 42,2%, indicando che, nonostante gli sforzi, il miglioramento nella gestione della rete idrica è stato quasi impercettibile.
Le regioni meridionali e insulari, in particolare, si trovano ad affrontare le situazioni più critiche. In Sardegna e Sicilia, oltre la metà dell’acqua immessa in rete viene dispersa. In altre regioni come Basilicata e Abruzzo, le perdite superano addirittura il 60%.
Ancora sospettosi dell’acqua del rubinetto (ma non per colpa dei disservizi)
Gli italiani continuano ad avere pregiudizi contro l’acqua di rubinetto: nel 2023, quasi il 29% delle famiglie ha dichiarato di non fidarsi a bere l’acqua erogata dalla rete pubblica, un dato che, sebbene stabile rispetto al 2022, rimane elevato. Sul lungo periodo c’è stato un miglioramento: vent’anni fa la percentuale di “sospettosi” era 40%. Quindi, anche se il rapporto non se ne occupa, è possibile che le campagne per promuovere “l’acqua del Sindaco” abbiano dato i loro frutti.
Il dato varia molto a livello regionale: si passa dal 18,9% nel Nord-est al 53,4% nelle Isole. Tuttavia la fiducia (o meno) nell’acqua di rubinetto non sembra granché correlata ai disservizi, ovvero in molte regioni non ci si fida dell’acqua di rubinetto anche se non ci sono problemi nell’erogazione.
A questo proposito, il rapporto segnala che nel 2023 circa 2,3 milioni di famiglie italiane hanno segnalato irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle proprie abitazioni. Il disservizio si concentra prevalentemente nel Sud e nelle isole, dove la mancanza di infrastrutture adeguate e la gestione inefficiente del servizio idrico contribuiscono a creare situazioni di disagio. La Calabria e la Sicilia sono le regioni più colpite, con il 38,7% e il 29,5% delle famiglie che lamentano problemi di approvvigionamento. Al Nord, invece, le irregolarità sono molto meno diffuse, con tassi di disservizio che scendono fino al 3%.
Se i timori sull’acqua di rubinetto sono meno di vent’anni fa, purtroppo guardando ai consumi sembra chiaro che i cittadini italiani preferiscono continuare a pagare cara la loro acqua: nel 2023 ben l’81% degli italiani sopra gli 11 anni infatti dichiara di aver bevuto almeno mezzo litro di acqua minerale al giorno. Consola il fatto che nel 2021, per la prima volta dal 2015 (inizio delle rilevazioni), il prelievo di acque minerali sia leggermente diminuito (-3,2%) rispetto all’anno precedente dopo essere cresciuto di circa il 4% all’anno.
Acque reflue: una risorsa ancora poco sfruttata
L’Italia rimane uno dei Paesi europei con il più alto prelievo pro capite di acqua potabile, e il più alto in termini assoluti. Nel 2022, l’Italia ha prelevato 9,14 miliardi di metri cubi d’acqua, equivalenti a 424 litri per abitante al giorno. Da qualche anno si registra una leggera contrazione ma la riduzione è veramente modesta (-4% rispetto al 2015) e non intacca i nostri discutibili primati.
Il problema principale, come detto, è che più del 40% viene dispersa lungo la rete, ma l’acqua potabile è sprecata anche quando la usiamo dove non necessario. Un aspetto interessante del rapporto riguarda infatti la gestione delle acque reflue dopo la depurazione, che potrebbero rappresentare una risorsa potenziale per usi non potabili come l’irrigazione, alcuni processi industriali particolarmente idroesigenti, diversi usi civili (quali, lavaggio strade, antincendio, fontane ornamentali) e servizi ambientali (quali alimentazione aree umide). In sostanza ciò che esce dai moderni impianti di depurazione non è potabile, ma potrebbe essere usato in sicurezza per una varietà di usi per i quali invece oggi preleviamo acqua.
Al momento le acque in uscita dai depuratori non sono reindirizzate verso altri usi e vengono scaricate, nella maggior parte dei casi, nella rete fognaria. Parliamo di 4,7 miliardi di metri cubi d’acqua (poco meno del volume del lago di Bracciano), cioè a poco meno di un quarto (22%) dei prelievi complessivi effettuati in media nel periodo 2015-2019 per gli usi irrigui e industriali. Dobbiamo trasformare questo spreco in una risorsa, anche considerando che la spesa per la gestione delle acque reflue si sta alzando.
Premio di consolazione: ce sta o’ mar’ for’
Nel 2022, quasi il 90% delle acque di balneazione italiane è stato classificato come “eccellente”, posizionando il Paese al decimo posto nell’Unione Europea. Questo è un segnale, per una volta, positivo che riflette l’efficacia delle politiche di tutela ambientale applicate sulle coste e nei bacini lacustri italiani.
Il nostro Paese ha compiuto significativi progressi nel raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla “Direttiva Balneazione”, che richiede che tutte le acque di balneazione siano almeno di classe “sufficiente” e che ciascuna mantenga o migliori il proprio livello di qualità. Attualmente, il 97,8% delle acque di balneazione è classificato come “sufficiente” o superiore, sebbene rimangano alcune criticità: l’1,5% delle acque è ancora di qualità scarsa e lo 0,7% non è classificabile a causa di campionamenti insufficienti. Tuttavia, le condizioni meteorologiche instabili e gli eventi estremi, come le intense precipitazioni, possono complicare i monitoraggi e le azioni volte a mitigare le pressioni sulla qualità delle acque.
Rispetto al 2021, si osserva un miglioramento complessivo nella percentuale di acque con qualità “eccellente”, passata dall’87,9% all’89,6%. Questo incremento è stato registrato in quasi tutte le regioni, ad eccezione dell’Emilia-Romagna e della Toscana, dove si è verificato un calo rispettivamente di 9,1 e 0,8 punti percentuali (pari a una riduzione di otto e una unità).
Nel 2022, tra le 15 regioni costiere italiane, la Puglia si distingue per la percentuale più alta di acque eccellenti (99,4%), seguita da vicino dalla Sardegna (97,7%). Al contrario, l’Abruzzo registra la quota più bassa (79,3%), pur mostrando un trend positivo. Basilicata, Molise e Puglia hanno raggiunto pienamente gli obiettivi della Direttiva. Anche Emilia-Romagna e Toscana vantano acque di qualità almeno sufficiente, a eccezione di una piccola quota di acque non classificate. Nelle altre regioni si riscontrano ancora minime percentuali di acque con qualità scarsa o non classificata.
Se quindi possiamo rallegrarci per lo stato dei nostri mari, l’acqua sostenibile in Italia è ancora un miraggio. Le perdite idriche sono elevate da decenni, e si confermano le voragini regionali in termini di qualità del servizio. Occorre modernizzare le infrastrutture, migliorare l’efficienza della rete, oltre a promuovere una maggiore consapevolezza tra la popolazione sull’uso responsabile dell’acqua.
ll PNRR prevede investimenti anche in questo campo: grazie al progetto di monitoraggio #Openpnrr di OpenPolis è possibile vedere, progetto per progetto, a che punto siamo rispetto ai piani.
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stefano dalla casa – formicablu