Il ruolo dei prosumer nella transizione energetica

Il potezionale dei prosumer, cioè dei cittadini che sono sia produttori che consumatori di energia rinnovabile, è molto ampio. Lo scrive un recente rapporto dell’agenzia europea dell’energia. Ci sono però diversi ostacoli da considerare.


Nel 1980 il futurista Alvin Toffler coniò la parola prosumer, composta da producer e consumer, produttore e consumatore. Lo scrittore pensava che i cittadini stessero cominciando a provvedere da soli alla produzione di certi beni e servizi altamente personalizzati, eventualmente rivendendo l’eventuale eccesso sul mercato. Il prosumer di Toffler può essere chiunque si appassionasse al fai-da-te o coltivasse un orto. Queste attività non costituiscono un lavoro, ma sono preferite all’acquisto di beni e servizi da terzi. Non solo per ragioni per risparmio, ma perché danno ai cittadini la possibilità di creare qualcosa che si distingue dalla produzione in massa.

La parola prosumer non ebbe grande fortuna in principio, ma riemerse prepotentemente con la digitalizzatone. Pensiamo al sogno della stampante 3d in ogni casa, o anche all’arrivo dei blog.  Ma si può applicare anche all’energia. Forse non è così invitante al nostro orecchio, saturo di inglesismi. E di rivoluzioni annunciate, appunto, ce ne sono state tante. Eppure, almeno secondo un recente rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA, European Environment Agency), i prosumer energetici sono un fenomeno ben rappresentato, in crescita, e potenzialmente molto positivo per gli obiettivi climatici dell’Europa. Vediamo perché.

 

Il futuro è elettrico

Decarbonizzazione fa rima con elettrificazione. Significa che la transizione energetica, già in corso, predilige l’elettricità come forma di energia per l’utilizzo finale, in modo da ridurre sempre di più il ruolo delle fonti fossili. Le fonti rinnovabili più diffuse e collaudate possono infatti produrre grandi quantità di energia elettrica a costi competitivi senza emissioni di gas serra (rimangono le emissioni associate alla costruzione degli impianti, ma il bilancio è nettamente positivo). Inoltre, le tecnologie che utilizzano l’elettricità sono più efficienti rispetto al loro corrispettivo fossile. Il rendimento di un motore elettrico è più elevato rispetto a un motore a scoppio, e lo stesso vale per pompe di calore e le stufe a induzione. Alcuni settori industriali sono più complessi da elettrificare, ma il vento va in questa direzione.

Servirà quindi molta elettricità, e le fonti rinnovabili hanno un altro vantaggio: i cittadini possono produrle, per esempio con un pannello fotovoltaico sul proprio tetto, o quello del proprio condominio, azienda, o edificio pubblico. In altre parole, l’energia rinnovabile può anche essere prodotta a piccola scala, in modo decentralizzato. Quindi oggi, forse per la prima volta nella storia, si può essere prosumer energetici. E tanti impianti rinnovabili, in aggiunta a quelli più grandi gestiti dai fornitori di energia possono avere un impatto significativo.

 

Di quanta energia parliamo?

Il prosumer è una categoria molto diversificata. Per il rapporto EEA è una entità (cittadino, gruppo di cittadini, azienda, ospedale, scuola) che partecipa attivamente al sistema energetico, consumando e producendo energia o calore rinnovabile, o offrendo servizi di supporto (batterie, per esempio). Ma è considerato prosumer anche chi, pur non avendo la possibilità di gestire in prima persona un impianto, investe in varie maniere nel loro sviluppo. Non esistono statistiche accurate, ma il rapporto propone una stima del 2015 della capacità installata dai prosumer in diversi paesi. La Germania è prima, con 21.52 GW, seconda l’Italia, con 7.04 GW. La tecnologia prevalente è spesso il fotovoltaico, ma alcuni paesi, come la Polonia, sono più rappresentati dall’eolico (un comune può costruire il proprio parco eolico, quindi sempre prosumer). Per dare un’idea di questi numeri, nel 2015 in Italia erano installati 51,5 GW di potenza a rinnovabili. I 7,04 GW dei prosumer contribuivano quindi per quasi il 14% della capacità totale installata.

Nel frattempo la nostra capacità totale ha superato i 60 GW installati, e si può immaginare che anche la porzione riconducibile ai prosumer si sia allargata.

Per dare un’idea del potenziale ancora disponibile, il rapporto propone un’altra stima: quanta energia potrebbero produrre i prosumer in Europa in condizioni del tutto ideali, rispetto alla domanda.

A seconda dello Stato, parliamo del 30-70% di domanda coperta dai prosumer, per l’Italia oltre il 60%. Questa stima è puramente tecnica, cioè non considera in alcun modo la fattibilità economica. Le percentuali sono quindi irrealistiche di per sé, ma utili a capire che c’è un ampio margine di azione per i prosumer.

 

Ostacoli e svantaggi

L’energia prodotta dai prosumer non è poca, e può essere molta di più. I cittadini in questa maniera possono diventare attori della transizione energetica e contribuire in prima persona al suo sviluppo. I cittadini europei vedono positivamente le rinnovabili, ma i prosumer possono aiutare a farle penetrare ancora di più. Ma bisogna considerare anche il rovescio della medaglia. Costi e benefici dei modelli di prosumer variano molto, a seconda delle situazioni, delle persone, delle zone geografiche. Perché un certo progetto abbia successo l’investimento deve essere accessibile e portare un ritorno (risparmio o guadagno), a un rischio accettabile. Se pensiamo a un impianto condominiale, non è detto che sia semplice per un inquilino intraprendente convincere i condomini dell’opportunità, né capire come dividere i costi e i benefici.

Un altro dato da considerare è che il costo di questi progetti è più elevato, rispetto all’energia prodotta, di quelli dei grandi impianti, dove la scala abbassa i costi. Questo è un’altra delle molteplici variabili di cui tenere conto per un Stato che voglia stimolare i prosumer. Inoltre, stando al rapporto, tutti i cittadini dovrebbero avere uguali opportunità di diventare prosumer, ma al momento i cittadini a basso reddito o in povertà energetica hanno meno possibilità di iniziare o aderire a uno di questi progetti. Bisogna trovare soluzioni a queste disuguaglianze, anche perché gli studi indicano grandi vantaggi proprio per questi cittadini.

L’effetto rimbalzo poi, è sempre in agguato: chi si autoproduce l’energia, e gode di costi minori, potrebbe persino essere tentato di aumentare i propri consumi, vanificando gli sforzi per un mondo meno energivoro.

La legislazione in Europa sul tema è in evoluzione, e lo è anche all’interno dei singoli Stati. Da noi è appena entrato nell’ordinamento la Comunità energetica rinnovabile, anche se esistevano già da tempo dei prototipi di successo. Il rapporto specifica che è necessario monitorare i prosumer e i loro progetti, proprio per capire cosa funziona (o non funziona), quando, dove e perché.

 

stefano dalla casa – formicablu

Immagine in apertura: Joint Research Centre (JRC), CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Immagini: Energy prosumers in Europe — Citizen participation in the energy transition. (2022, September 01). Retrieved from https://www.eea.europa.eu/publications/the-role-of-prosumers-of