La Bologna delle piste ciclabili

Dove sono, quante sono e quali sono i problemi delle ciclabili in città

 

Anche a Bologna, nel 2020 molti hanno riscoperto la bici, sull’onda del bonus bici e dell’entusiasmo generale per un modo di muoversi non inquinante, salutare e in linea con la necessità di distanziamento sociale. Ma gli spostamenti in bici in città e dintorni sono in netto aumento da anni: tra il 2011 e il 2020 sono aumentati del 30%, e questo contando un’inversione di tendenza rispetto al 2019 dovuta al calo generalizzato degli spostamenti in città a causa della pandemia da COVID-19.

Infatti, da un monitoraggio svolto tra settembre e ottobre 2020 dal Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna emerge che rispetto al 2019 il numero di ciclisti ha avuto un calo del 9%. In particolare dentro ai viali, dove la diminuzione o proprio l’assenza di universitari si è fatta sentire: nella sola zona Zamboni gli spostamenti in bici sono diminuiti del 33%. In altre aree della città, invece, è stato registrato un aumento, dovuto al fatto che più persone hanno scelto la bici (o i nuovi monopattini elettrici) in alternativa all’auto o ai mezzi pubblici: nelle sezioni di Saffi e di Pepoli i ciclisti sono aumentati rispettivamente del 7 e del 2%. Anche le colonnine contabici sui viali hanno registrato numeri di ciclisti paragonabili a quelli dell’anno scorso.

 

 

Orientarsi tra le ciclabili

Per quanto, pandemia o meno, gli abitanti di Bologna e dintorni usino spesso e volentieri la bici, orientarsi nel sistema delle piste ciclabili non è facile. Il Biciplan, stilato nel 2015 ma davvero attivo dal 2019, identifica una struttura portante per i percorsi ciclabili nell’area metropolitana: una raggiera di 10 ciclovie, due percorsi anulari (di cui uno è la Tangenziale delle biciclette, lungo le mura), 3 percorsi verdi che seguono il corso di Reno, Savena e Navile, più il percorso sovranazionale della Ciclovia del Sole. L’obiettivo è, da qui al 2030, di rendere completo e integrato questo sistema, assieme a una rete più fitta di percorsi di collegamento.

“Il biciplan ha consentito di avere per la prima volta una voce di bilancio dedicata alle ciclabili, che normalmente vengono realizzate quando si intercettano dei fondi, per esempio un finanziamento ministeriale” ci ha spiegato Simona Larghetti, presidente della Consulta della Bicicletta. “Invece nel 2020, per la prima volta, si è inserita una voce di bilancio per la realizzazione del Biciplan, anche se piccola. È un un cambio epocale dal punto di vista della governance: il Comune che ha un obiettivo di pianificazione, a cui far corrispondere una voce di bilancio. Un cambiamento molto positivo perché attrezza per fare le cose con un’altra marcia, anche se nel concreto per alcuni problemi, come la segnaletica e l’offerta di rastrelliere per la sosta, si è fatto ancora poco”.

A oggi, infatti, i collegamenti tra i tratti di ciclabile sono poco evidenti per chi usa la bici. La segnaletica che indica dove si trovano le piste, dove c’è, è spesso poco visibile. Su Iperbole si trovano i pdf della Bike City Map del 2015, la mappa della rete di ciclabili – ormai, però, vecchia di qualche anno – e di 12 itinerari ciclabili. Attenzione però: questi materiali sono pensati per essere stampati come pieghevoli, quindi non molto comodi se volete scaricarli sullo smartphone.

La mappa più aggiornata si trova sul sito Open Data del Comune di Bologna. Cliccando sui singoli tratti di pista ciclabile si possono leggere le informazioni sul tipo di percorso, lunghezza e, in alcuni casi, dettagli sulle vie che collega.

Da questi dati si può ricavare uno sguardo d’insieme sulle caratteristiche dei percorsi ciclabili a Bologna rispetto a una questione molto discussa: dove e come vanno costruite le piste ciclabili? Devono essere dei percorsi separati rispetto alla carreggiata o no?

Ad oggi, come è evidente nel grafico sotto, gran parte dei chilometri ciclabili corrono separatamente rispetto alla strada, cioè sono di cosiddette “ciclabili a sede propria”. Anche le ciclabili in convivenza con i percorsi pedonali (contigue o promiscue) sono una parte importante del totale.

 

 

La ciclabile ideale

Dai documenti del Biciplan è chiaro che questa situazione potrebbe cambiare, per una maggiore preferenza data alle corsie ciclabili e in generale alle soluzioni che prevedono la convivenza tra automobili e biciclette, piuttosto che la separazione (o la convivenza tra ciclisti e pedoni). Le corsie ciclabili, in particolare, sono corsie in carreggiata, delimitate da segnaletica orizzontale e, a volte, da un colore diverso, ma senza una separazione fisica dal percorso delle automobili; ne è un esempio la ciclabile di Via Saragozza.

“La grande diatriba è la scelta tra separazione e convivenza”, continua Simona Larghetti. “Seguendo il principio della separazione, si deve costruire un percorso per le macchine, uno per i ciclisti e uno per i pedoni. La separazione funziona quando questi tre elementi non si incontrano mai e ognuno riesce a rispettare le proprie esigenze trasportistiche”. In pratica, quando tutti i percorsi sono efficienti e danno la possibilità a chi si muove di raggiungere la propria destinazione. “È un principio molto adatto, per esempio, al contesto extraurbano e ai percorsi per il tempo libero: sugli itinerari di cicloturismo o sulle strade a percorrenza veloce ha senso che le bici siano su percorsi separati. Ma in città, in un contesto molto denso e caratterizzato dalla presenza di funzioni diverse, la separazione è ingestibile: lo spazio per garantire percorsi separati non c’è, quindi i mezzi si trovano a incrociarsi di continuo”. E il problema, in questo caso, è per la sicurezza di ciclisti e pedoni. “Con la separazione, i mezzi non imparano a convivere. Se le bici sono sul marciapiede o su una corsia separata, come automobilista non le ho nel mio campo visivo e rischio di investirle, quando a un incrocio interseco la pista ciclabile”. 

Secondo un rapporto del 2018 della Commissione Europea, in Italia il 40% degli incidenti mortali che coinvolgono i ciclisti avvengono a un incrocio. Il grafico sotto mappa le aree della città dove sono più frequenti gli incidenti che coinvolgono i ciclisti: anche a colpo d’occhio, la frequenza degli incidenti agli incroci è evidente.

 

Gomito a gomito

Anche la convivenza con i pedoni non è sempre facile, soprattutto per i ciclisti “rapidi” (tipicamente, i pendolari sul percorso casa-lavoro). In città, i percorsi ciclabili sul marciapiede sono molti; tra i punti critici ci sono le fermate degli autobus in cui la ciclabile passa dietro alla pensilina, con visibilità molto ridotta sia per chi scende dall’autobus sia per chi pedala, e i tratti in cui sul marciapiede si aprono negozi e ingressi. 

Dalle Linee guida del Biciplan emerge come questi percorsi vicini non sono da escludere del tutto, ma andrebbero realizzati solo quando c’è la possibilità di garantire la sicurezza, in particolare dei più deboli. E in alcuni casi, potrebbero essere anche preferibili, per andare incontro alle esigenze dei ciclisti che si muovono lentamente e che possono essere più favoriti dalla separazione fisica dalle auto, come bambini e anziani.

Per stimolare davvero ad abbandonare l’auto in favore della bicicletta per gli spostamenti quotidiani, le ciclabili dovranno essere flessibili e ben visibili negli snodi strategici. Anche se questo significa che più piste ciclabili saranno sulla carreggiata, insieme alle auto. Secondo Simona Larghetti, “È controintuitivo, ma la separazione crea conflitti. Stare in strada, gomito a gomito con le auto, è sgradevole e ci fa sentire minacciati. Ma sulle strade urbane (non certo fuori città o nelle mega rotonde) non è pericoloso. I dati mostrano che non essere ben visibili è molto più rischioso”.

 

di Anna Violato – formicablu

Anna Violato è una comunicatrice della scienza freelance che vive a Bologna. Collabora con RADAR Magazine, testata online che racconta i cambiamenti del clima e dell’ambiente, con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con la casa editrice Zanichelli.