La mobilità sostenibile a Bologna è ancora lontana: i dati del rapporto MobilitAria 2022

Il quinto rapporto MobilitAria (Kyoto club, CNR-IIA) è poco incoraggiante sullo stato della transizione ecologica italiana nel settore mobilità, e spera nel futuro. Tra le città metropolitane Bologna si distingue per le altissime emissioni di gas serra legate ai trasporti ed è criticata per la costruzione del Passante, visto come un incentivo agli spostamenti con auto privata


Dal 2017 Kyoto Club e CNR- Istituto sull’Inquinamento Atmosferico (CNR-IIA) pubblicano MobilitAria, un rapporto che fotografa i dati sulla mobilità, la qualità dell’aria e le politiche di mobilità sostenibile di 14 città metropolitane italiane, Bologna inclusa. È da poco uscito il quinto rapporto, che include i dati fino al 2021. Come già sottolineava il rapporto Transizione Ecologica Aperta, il settore dei trasporti in Italia resiste alla decarbonizzazione e, al momento, non si intravede una netta inversione di tendenza.

Mobilità: si ritorna alla normalità

Dopo la fase acuta della pandemia, secondo il rapporto MobilitAria 2022 i problemi della mobilità in Italia sono rimasti gli stessi di sempre: traffico in crescita e trasporto pubblico inadeguato. Scrivono gli autori:

Gli unici elementi positivi sono la crescita della mobilità attiva, l’estensione del lavoro agile e la tenuta dei servizi in condivisione (per i monopattini un vero e proprio boom). In pratica il sistema dei trasporti italiano, in particolare quello urbano e locale, ha mostrato tutte le sue criticità evidenti.

Sostenibilità, però, non vuol dire solo gas serra. Il rapporto ci ricorda che anche l’inquinamento atmosferico urbano, che in buona parte dipende dai trasporti, è ancora un problema. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sta lavorando a nuove linee guida che stabiliscono limiti più ambiziosi per gli inquinanti, dagli ossidi di azoto alle polveri sottili. MobilitAria 2022 evidenzia che oggi, se fossero applicate le nuove linee guida, nessuna delle città prese in esame sarebbe “in regola”. Bologna dovrebbe ridurre dell’80% il biossido di azoto, del 47% le PM10, e di ben il 180% le PM2.5.

Confronto dei valori medi registrati nel 2021 per biossido di azoto e particolato atmosferico dalle stazioni di fondo urbano con i valori raccomandati dall’OMS (AQG) per le 14 città metropolitane (fonte: 5° RAPPORTO MOBILITARIA 2022)

Nel frattempo però è stato approvato il Green Deal europeo, che mette in campo importanti risorse con l’obiettivo di spostarci verso la neutralità climatica, cioè un’Europa a emissioni zero nette entro il 2050. L’Italia farebbe quindi bene a non farsi sfuggire l’occasione di cambiare concretamente il modo in cui ci muoviamo, specialmente in città.

Cambiare la mobilità vuol dire cambiare la città

Kyoto Club e CNR-IIA hanno alcune proposte per questo cambiamento. Raccomandano prima di tutto una “cura del ferro“, cioè puntare sul trasporto ferroviario locale e metropolitano, in forte deficit ovunque. Servono anche nuovi tram, metropolitane, filobus: il trasporto collettivo di massa. I primi mezzi di trasporto individuale da incentivare sono i piedi, la bici, i monopattini, ma serve cambiare la gestione degli spazi urbani.

Non è comunque obbligatorio possedere un mezzo privato: si possono condividere. Va ripensato anche il modo in cui riceviamo, ormai regolarmente, le merci acquistate direttamente a casa: per esempio l’installazione di locker evita ai corrieri di passare casa per casa per la città con un mezzo inquinante. Non deve essere un tabù l’esclusione totale di auto e moto private da alcune zone della città, in modo da creare delle Low Emission Zone. Completano le proposte l’elettrificazione dei trasporti, la città a 15 minuti (cioè servizi distribuiti, che limitino la necessità degli spostamenti), e una revisione degli orari di ingresso al lavoro, in modo da ridurre le ore di punta e l’affollamento.

Anche a Bologna l’aria deve cambiare

Stringendo su Bologna, quello che emerge dal rapporto non entusiasma, specialmente considerate le sue ambizioni da città neutrale entro il 2030. Nell’ultimo decennio, nella città metropolitana di Bologna, le emissioni di CO2 legate ai trasporti sono infatti aumentate del 30%. E rispetto alle emissioni totali la mobilità a Bologna incide per il 50%, una delle percentuale più alte fra le città prese in esame.

Emissioni di gas serra e inquinanti del settore trasporti su strada (fonte: 5° RAPPORTO MOBILITARIA 2022)

La colpa è, in massima parte, delle automobili, che incidono per il 58% delle emissioni della mobilità. Bologna, insieme a Venezia, Genova e Firenze, presenta anche alti valori pro-capite di ossidi di azoto e polveri sottili, soprattutto dovuti ai mezzi pesanti. La densità di autovetture è leggermente diminuita, mentre sono aumentati le moto, il car sharing, e la mobilità attiva, ma non ancora in modo significativo.

Passi avanti e passi indietro

Bologna ha approvato il suo PUMS (Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile) poco prima che colpisse la pandemia, nel novembre 2019. Ora MobilitAria 2022 può commenta tre dei progetti di attuazione. È stato previsto un nuovo tram, un progetto che MobilitAria valuta molto positivamente: rientra nella “cura del ferro”, e ha previsto un dialogo con i cittadini. Il Rapporto loda anche la “bicipolitana” bolognese, in parte già conclusa, e il potenziamento del trasporto ferroviario.

Ma critica invece in modo netto il progetto del Passante bolognese, approvato da comune, città metropolitana e Regione, giudicato “di segno completamente opposto”. Secondo gli autori del rapporto si tratta di:

Un progetto a sostegno del traffico veicolare privato, che appare in contraddizione con le previsioni del PUMS CM, che prevede una riduzione significativa del traffico privato in automobile dell’area bolognese: dal 57% attuale al 41% al 2030. Molto critiche sono state avanzate dalle associazioni ambientaliste e comitati di contrarietà all’allargamento del Passante, perché il punto resta il togliere quanto [più] traffico dalle strade, non tentare di fluidificare il traffico allargando l’asfalto e cercare poi di mitigare l’operazione con filtri, barriere e tecnologie innovative previste dal progetto.

Per riassumere, secondo il rapporto Bologna ha sì in programma diversi interventi strutturali che vanno nella direzione consigliata, ma non mancano le contraddizioni. E il 2030 non è poi così lontano.

 

stefano dalla casa – formicablu