Le anomalie di precipitazioni su oltre mille città

Gran parte delle aree urbane del mondo riceve più pioggia rispetto alle zone rurali che le circondano, secondo uno studio recente uscito sulla rivista scientifica PNAS. Fra gli esempi citati ci sono Milano, Barcellona, Kyoto e Lagos, ma il gruppo di ricerca ha analizzato dati satellitari e radar provenienti da oltre mille città fra il 2001 e il 2020.

 

Che le città siano spesso più calde delle aree rurali circostanti è un fenomeno abbastanza conosciuto, questo effetto microclimatico che notiamo soprattutto d’estate è chiamato isola di calore urbano. Meno noto è che spesso queste isole di calore hanno anche un effetto simile ma apparentemente opposto sulle precipitazioni urbane, con conseguenze altrettanto importanti. Ovvero lo sviluppo urbano influisce in modo misurabile sulla quantità anomala di pioggia che cade su una certa area, in pratica le città creano anche delle “isole di pioggia” o “isole umide”.

In un recente articolo scientifico pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas ad Austin (Stati Uniti) ha cercato prove di precipitazioni anomale in 1056 città di tutto il mondo e ha scoperto che il 63% di queste zone urbane – e le loro regioni sottovento – riceve più pioggia rispetto alle zone rurali circostanti. In alcuni casi, la differenza è notevole: per esempio, sull’area metropolitana di Houston (in Texas) ogni anno cadono in media quasi 13 cm di pioggia in più rispetto alle campagne che la circondano. Secondo Xinxin Sui, dottoranda presso la Cockrell School of Engineering e prima firma dello studio, questi dati potrebbero avere implicazioni serie nelle aree urbane densamente costruite: per esempio, un peggioramento delle cosiddette alluvioni lampo, cioè rapide inondazioni di aree basse causate da forti piogge.

Piove troppo o troppo poco?

La variazione, rispetto alle medie stagionali, nella quantità di pioggia che cade su una grande città è un effetto che viene studiato da diversi decenni, ma finora l’attenzione dei ricercatori si era concentrata solo su alcuni casi specifici (come Atlanta, Pechino o Città del Messico) e non era mai stato fatto un studio su scala globale. Per scrivere il loro articolo invece, Sui e colleghi hanno esaminato i dati provenienti da satelliti e sistemi radar, analizzando le anomalie giornaliere delle precipitazioni nel periodo che va dal 2001 al 2020 per un migliaio di città sparse a tutte le latitudini, comprese una decina di città italiane (tra cui Napoli, Milano, Roma e Catania).

Sui e colleghi hanno così scoperto che in questi vent’anni circa 3 città su 5 fra quelle prese in esame hanno ricevuto più pioggia rispetto alle campagne circostanti. Le anomalie di precipitazione urbana mostrano variazioni tra i diversi continenti e climi, con le città in Africa e in Oceania che hanno le anomalie più estreme su base annua. Inoltre, confrontando le diverse zone climatiche, hanno notato che se il clima locale è caldo e umido l’anomalia di pioggia è maggiore rispetto alle città in climi più freschi e secchi. Fra gli agglomerati urbani con le maggiori anomalie di precipitazioni ci sono le città di Ho Chi Minh in Vietnam, Kuala Lumpur in Malesia, Lagos in Nigeria e l’area metropolitana di Miami-Fort Lauderdale-West Palm Beach in Florida.

Al contrario, anche se è un fenomeno meno comune, ci sono alcune aree urbane che ricevono meno pioggia rispetto alle loro controparti rurali. Questo si verifica tipicamente nelle città che si trovano in pianure o valli, dove le dinamiche delle precipitazioni sono controllate dalle alture vicine. Le aree urbane dove questo effetto è più pronunciato includono Seattle negli Stati Uniti, Kyoto in Giappone e Giacarta in Indonesia.

Città come spugne

Ma come funzionano queste “isole umide” urbane? A quanto pare le città tendono a prendere la pioggia da un luogo e a concentrarla in un altro, in modo molto simile a una spugna che viene strizzata. Come spiega in un’intervista Dev Niyogi, uno dei coautori dell’articolo e professore dell’Università del Texas ad Austin: «Se si pizzica una parte della spugna, l’acqua uscirà più vigorosamente da un lato; la quantità d’acqua nella spugna rimane la stessa, ma poiché ora hai quella dinamica che strizza l’atmosfera, hai una maggiore capacità di estrarre l’acqua da quel luogo».

Schema che mostra perché le aree urbane, e quelle sottovento rispetto alle città, ricevono più pioggia.

Ci sono diverse ragioni per cui gran parte delle città analizzate riceve più pioggia rispetto alle vicine zone rurali: un fattore chiave sembra essere la presenza di edifici alti, che bloccano i venti o ne rallentano la velocità, facendo convergere l’aria verso il centro cittadino. Infatti, la presenza degli edifici porta a un movimento ascendente dell’aria più marcato, e questo promuove la condensazione del vapore acqueo e la formazione di nuvole, condizioni critiche per produrre le precipitazioni.

Un altro dato interessante trovato dal gruppo dell’Università di Austin è che il numero di abitanti di una città è il fattore maggiormente correlato con le anomalie di pioggia rispetto ad altri fattori, sia ambientali che di urbanizzazione (come topografia, temperatura, umidità, area edificata o aerosol). Il motivo è che una popolazione più grande tende a creare aree urbane più dense e con edifici più alti, oltre a produrre maggiori emissioni di gas serra e quindi un calore più pronunciato.

Le sfide per il futuro

Tutti questi effetti anomali sulle precipitazioni hanno pesanti implicazioni per le città che devono affrontare sempre nuove sfide poste dai cambiamenti climatici. Soprattutto se pensiamo che maggiori quantità di pioggia combinate con le superfici impermeabili tipiche degli ambienti urbani sono fra gli ingredienti principali per le alluvioni lampo.

Oggi vive in città circa il 56% della popolazione mondiale (4,4 miliardi di persone) e il dato sembra essere in crescita, tanto che secondo alcune stime la popolazione urbana potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2050. Anche per questo motivo, una delle questioni da affrontare con più urgenza è quella di sviluppare modi innovativi per ridurre gli effetti negativi delle “isole umide” e non solo. Lo studio pubblicato su PNAS offre dati utili per la previsione di precipitazioni anomale e piogge estreme, oltre che per aiutarci a immaginare gli sviluppi futuri di città sempre più resilienti.


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di Sara Urbani – formicablu