Modificato lo Statuto comunale per attivare l’Assemblea cittadina per il clima. L’intervista a Mauro Bigi, referente del progetto “Un clima di partecipazione”

Dopo sei mesi di confronto tra ventotto organizzazioni bolognesi,  l’Assemblea cittadina è tra gli strumenti partecipativi previsti dallo Statuto comunale di Bologna. Si tratta di  un avanzato strumento di democrazia partecipativa: un gruppo di cittadini sorteggiati in modo da costituire uno spaccato fedele della società viene chiamato a lavorare in sessioni di lavoro con un mandato ben preciso.

Il processo, supportato da “Un Clima di Partecipazione”, promosso dalla Fondazione per l’innovazione Urbana con il Comune di Bologna, ha visto un confronto tra il Consiglio, gli Uffici del Comune studiosi di democrazia partecipativa di rilievo internazionale che hanno portato casi di altri Paesi, organizzazioni ambientaliste, imprese pubbliche e private, esperte di diritto amministrativo, attivisti. L’esito sono state delle Linee guida che tengono traccia di una co-progettazione degli aspetti più rilevanti del funzionamento di questo nuovo organo, da attivare in forma di prima sperimentazione sulle politiche di contrasto alla crisi ecologica e climatica. Ce ne parla nel dettaglio Mauro Bigi  referente del progetto per conto della Fondazione per l’Innovazione Urbana

Perché un processo partecipativo per dotare il Comune delle assemblee rappresentative? Quali sono state le premesse?

Nel settembre 2019 il Consiglio comunale ha approvato la Dichiarazione di emergenza climatica ed ecologica con cui sono state raccolte le istanze dei movimenti ambientalisti, tra cui Extinction Rebellion e Fridays For Future, che avevano animato gli scioperi per il clima. Nella Dichiarazione di emergenza tra le altre indicazioni c’era quella di attivare a Bologna una Assemblea cittadina sul clima, come stavano facendo (molte altre realtà da sostituire con) alcune realtà nel mondo. Questo è uno strumento nuovo, mai realizzato in Italia, e verso il quale molti sia nelle istituzioni che nella società civile avevano dubbi e perplessità. Da qui la necessità di analizzarlo bene e adattarlo alle specificità di Bologna che sulla partecipazione ha una esperienza estremamente avanzata.

Quale ruolo ha avuto la FIU? Quali sono le principali attività?

La Fondazione ha avviato subito un confronto con i movimenti che avevano proposto l’Assemblea cittadina per definire una proposta attuativa da presentare al Consiglio comunale. Sono emerse però posizioni divergenti e alcune proposte non erano coerenti con il quadro normativo italiano e quindi non erano realmente applicabili. Era necessario un percorso più articolato e approfondito, che abbiamo chiamato “un clima di partecipazione” e che è stato sostenuto anche dalla regione Emilia-Romagna attraverso il bando partecipazione 2020.

Il lavoro è partito dall’analisi di esperienze e casi studio internazionali sulla base dei quali abbiamo organizzato, sempre confrontandoci con i movimenti, l’audizione in Consiglio comunale di sette esperti internazionali. Abbiamo poi attivato un tavolo di negoziazione, uno spazio di confronto ed elaborazione neutrale a cui hanno aderito una cinquantina di soggetti in rappresentanza del mondo ambientalista e di quello economico e sociale, oltre a una delegazione di Giunta e Consiglio comunale. 

A supporto del tavolo abbiamo potuto contare sulle competenze dei tecnici comunali, di alcuni esperti accademici e su un comitato di garanzia, formato da 3 autorevoli esperti indicati dal tavolo stesso, cioè Marianella Sclavi, Stefano Sotgiu, Franco Mosconi. Abbiamo lavorato per circa tre mesi, con sessioni di confronto e discussione, incontri di approfondimento tecnico e scientifico e momenti di elaborazione di proposte su come l’Assemblea cittadina dovrebbe essere realizzata nel nostro contesto. Le proposte condivise sono confluite nelle Linee Guida che abbiamo consegnato al Comune. 

Secondo te, quale valore ha avuto questo processo a supporto della politica? Quali criticità avete affrontato?

Il valore e l’originalità di questo processo riguardano a mio avviso principalmente due aspetti: l’integrazione tra processo istituzionale e partecipativo, e il ruolo di supporto e garanzia degli esperti. Il percorso è nato su spinta della parte più giovane e attiva della società, è stato accolto dal Consiglio comunale, si è trasferito in uno spazio neutrale, il tavolo di negoziazione, in cui partecipavano comunque anche rappresentanti istituzionali e le proposte condivise sono tornate agli Organismi istituzionali che ora con trasparenza le stanno valutando e decidendo come procedere.

E’ stato poi fondamentale che le proposte del tavolo siano state via via valutate insieme agli esperti per capirne l’effettiva efficacia e fattibilità tecnica e normativa. 

Insomma il tavolo è stato uno strumento di arricchimento e supporto alla politica non di impoverimento o sostituzione delle istituzioni, esattamente come potrà essere più in grande con l’Assemblea cittadina.

Ora cosa serve fare per concludere il processo?

Adesso il Comune sta valutando e traducendo in atti le proposte delle linee guida. Il primo passaggio storico è stata la modifica dello Statuto Comunale che ha riconosciuto la tutela del clima e la transizione ecologica giusta tra gli obiettivi programmatici dell’Ente e ha previsto l’Assemblea cittadina tra gli strumenti partecipativi del Comune. Il passaggio successivo sarà la definizione del Regolamento attuativo. E poi finalmente si potrà attivare l’Assemblea cittadina sul clima, come previsto dalla Dichiarazione di emergenza climatica ed ecologica.