Qualità dell’aria nel bacino padano: percezione VS realtà

Chi vive in Pianura padana indica come principale reponsabile della scarsa qualità dell’aria che respira il trasporto su gomma. Ma è davvero così? L’indagine Valuta l’aria 2023 ci dice qual’è la distanza fra percezione e realtà.


Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 9 persone su 10 respirano aria con livelli di inquinamento troppo alti per la salute. Ciononostante la cittadinanza non ha ancora sviluppato una reale consapevolezza sul tema. Ha provato a fare luce sul problema l’indagine Valuta l’aria 2023 Cittadini e qualità dell’aria nel bacino padano, presentata lo scorso 7 novembre a Rimini e da cui emerge per esempio che solo il 27% delle persone intervistate si ritiene abbastanza “ben informato” sulla qualità dell’aria.

Questo e altri dati sono raccolti nel report 2023 dell’indagine realizzata da ART-ER (società consortile per la crescita sostenibile dell’Emilia-Romagna) nell’ambito del progetto europeo PrepAIR, che coinvolge 18 partner nazionali e internazionali e comprende tutte le regioni del bacino padano. La cornice della presentazione era la Conferenza nazionale sulla qualità dell’aria organizzata dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione con ART-ER e il Green City Network nell’ambito degli Stati Generali della Green Economy che, come ogni anno, si tengono all’interno di Ecomondo presso la fiera riminese.

Il bacino del fiume Po copre gran parte del Nord Italia ed è un’area densamente popolata dove vivono oltre 25 milioni di persone, cioè il 43% della popolazione italiana. Inoltre, queste zone sono altamente industrializzate, tanto che in queste regioni si produce il 52% del PIL italiano (entrambi i dati dal report Valuta l’aria 2023). Questi numeri fanno sì che le emissioni in atmosfera siano qui molto significative, ma comunque inferiori alla media dell’Unione Europea. Eppure, la conformazione orografica e le particolari condizioni meteorologiche e climatiche del bacino rendono particolarmente difficile la dispersione degli inquinanti, con valori che spesso superano le soglie consentite per legge. Ogni anno, infatti, vengono immesse in atmosfera tonnellate di ossidi di azoto, polveri sottili, ammoniaca e ozono, oltre a molti altri inquinanti legati soprattutto ai trasporti, al riscaldamento domestico (compreso quello a biomassa legnosa), all’industria, alla produzione di energia e all’agricoltura intensiva, incluso l’allevamento.

 

L’indagine sulla percezione della qualità dell’aria in Pianura padana

Come percepiscono questo problema i cittadini e le cittadine del bacino padano? Sono consapevoli che molte delle azioni con cui si potrebbe migliorare la qualità dell’aria che respirano sono strettamente legate al loro stile di vita? C’è una reale disponibilità a cambiare le proprie abitudini? Domande come queste sono state fatte nell’indagine condotta fra gennaio e marzo 2023, per la seconda iterazione di un sondaggio somministrato per la prima volta nel 2019 (sempre nell’ambito del progetto PrepAIR). In totale 7030 persone hanno compilato volontariamente il nuovo questionario e i risultati – in linea con quelli della prima indagine – mostrano quindi il livello di percezione e consapevolezza della cittadinanza riguardo alla qualità dell’aria e, in particolare, alle principali fonti di inquinamento atmosferico.

Fra i dati più significativi ci sono per esempio le risposte date dalle persone intervistate su quale fosse la loro percezione in merito al cambiamento della qualità dell’aria negli ultimi dieci anni: la stragrande maggioranza del campione (66%) pensa che la qualità dell’aria sia peggiorata, mentre solo il 10% la ritiene migliorata. Rispetto alla precedente indagine, si conferma la netta percezione di una tendenza al peggioramento nella qualità atmosferica, e sono cresciuti entrambi i valori agli estremi opposti, ovvero la percezione di miglioramento (prima era il 6%) sia quella di peggioramento (era 63%).

Questa percezione “pessimista” però è in netta contraddizione con i dati rilevati. Negli ultimi decenni infatti la qualità dell’aria nel bacino padano è progressivamente migliorata. Questo è dovuto a vari fattori, tra cui carburanti migliori, un mix energetico più favorevole e la diffusione di tecnologie di abbattimento delle emissioni sempre più efficaci. La contraddizione è stata evidenziata anche da Paolo Ferrecchi, direttore generale Cura del territorio e dell’ambiente della regione Emilia-Romagna, che ha presentato il report a Rimini e ha mostrato gli andamenti delle emissioni a livello nazionale in confronto con l’Europa. Ferrecchi sottolinea che “nel caso del PM10 il trend fa vedere come la riduzione degli inquinanti in Italia stia avvenendo progressivamente in una dinamica simile a quella europea, e sugli ossidi di azoto addirittura abbiamo una riduzione più accelerata rispetto alla media europea, con una traiettoria ben definita; sull’ammoniaca invece si vede come l’Italia ha una riduzione che però nell’ultimo periodo tende a stabilizzarsi, ma è un trend che anche in Europa sembra essere confermato, perché per l’ammoniaca c’è il problema dell’agricoltura”. Quindi, nonostante gli indicatori mostrano un miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano, le persone che vivono in quest’area percepiscono invece un peggioramento.

 

Il problema è comunque reale, oltre la percezione

Tuttavia, ancora oggi l’inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce ambientali e sanitarie della nostra epoca, con decine di migliaia di morti premature ogni anno e costi esterni che, secondo alcune stime, possono arrivare a diversi punti di PIL. E più della metà degli stati membri dell’Unione Europea è in procedura di infrazione per il mancato rispetto dei limiti di concentrazione di ossidi di azoto e polveri sottili, incluso il nostro Paese.

Insomma, c’è ancora molta strada da fare e il cambiamento passa in parte anche attraverso la corretta informazione, come mostra un altro interessante risultato dell’indagine Valuta l’aria. Alle persone intervistate è stato chiesto di indicare quali fossero, secondo loro, le principali cause dell’inquinamento atmosferico, e fra le diverse opzioni il trasporto emerge come il maggior responsabile (in linea con gli esiti della precedente rilevazione). A seguire, troviamo l’industria e le centrali elettriche, poi la posizione geografica del luogo di residenza, i sistemi di riscaldamento/raffreddamento e nelle ultime due posizioni ci sono caminetti o stufe e agricoltura/allevamento intensivi.

Anche qui Ferrecchi nota come la realtà sia molto diversa dalla percezione pubblica: “ormai sappiamo che circa 1/3 delle emissioni sono dovute ai trasporti, 1/3 agli impianti di riscaldamento e 1/3 all’agricoltura, e la componente industriale è una parte residua. La gente è convinta che le emissioni siano dovute principalmente all’industria, invece è proprio dove abbiamo avuto i risultati migliori. Nelle industrie l’applicazione delle direttive europee sulle emissioni ha fatto sicuramente moltissimo per la riduzione degli inquinanti industriali, mentre non c’è la percezione di quanto inquinamento è legato alla combustione di legna o pellet”.

 

Dalla conoscenza all’azione

Le ultime domande poste al campione intervistato permettono di raggruppare i cittadini e le cittadine in profili, distinti principalmente per la loro disponibilità o meno a mettere in atto in prima persona comportamenti e iniziative per migliorare la qualità dell’aria. Per esempio, a usare meno la propria auto per andare al lavoro, visto che il mezzo privato è ancora il preferito dal 49% delle persone, così come era anche emerso nell’indagine del 2019. I profili individuati sono quattro: il più numeroso è “impegnato e proattivo” (cioè molto disposto a mettere in atto comportamenti virtuosi), seguito dall’“approccio win-win” (poco disponibile, tranne per quelle iniziative che comportano un ritorno economico diretto), poi quasi a pari merito troviamo “disponibile a impegnarsi, ma in giusta misura” (cioè mediamente disposto) e “disinteressato e non disponibile” (scarsamente disposto, meno degli altri gruppi).

Dunque, nonostante la qualità dell’aria riguardi tutta la popolazione (nel bacino padano e non solo) forse la complessità del tema mette le persone intervistate un po’ in difficoltà nell’individuare e mettere in corretta relazione cause ed effetti, oltre a riuscire a identificare soluzioni efficaci e coerenti. Ma un aspetto emerge da questa indagine e fa ben sperare, cioè la rinnovata disponibilità di cittadini e cittadine a mettere in atto azioni positive per migliorare la qualità dell’aria, come si vede dalla profilazione di chi ha risposto alle domande. Se nell’edizione 2019 i “disinteressati e indisponibili” erano il gruppo più numeroso del campione (33%) e gli “impegnati e proattivi” il più piccolo (16%), nel 2023 i rapporti sono capovolti: il gruppo degli indisponibili si è ridotto al 19%, mentre gli impegnati sono diventati il 39%. Una tendenza incoraggiante e una grande opportunità che le istituzioni dovrebbero saper cogliere, per rinnovare e rafforzare il patto con la cittadinanza per superare tutti insieme il problema della qualità dell’aria nel bacino padano.

 

Sara Urbani – formicablu

L’immagine in apertura è di Wikimedia Commons, i grafici sono tratti dal report Valuta l’aria 2023.