Giovedì 3 luglio 2025, l’Auditorium di Filla – Parco della Montagnola – ha ospitato il quarto appuntamento del ciclo di incontri divulgativi “Esplorando il verde urbano” che, fino a ottobre, approfondirà le sfide e le soluzioni legate al verde nelle città.
L’iniziativa è promossa e organizzata dalla Fondazione IU Rusconi Ghigi insieme al Comune di Bologna per rispondere agli obiettivi di Bologna Verde, un percorso per il rinverdimento della città che prevede attualmente 12 sperimentazioni pilota sul territorio con un finanziamento complessivo di oltre 18 milioni di euro e che, al suo interno, include anche la realizzazione di un programma di attività di carattere educativo, divulgativo e scientifico per approfondire diversi aspetti del verde e della sostenibilità.
Questi 12 progetti pilota, uniti all’impegno della città di Bologna nell’ambizioso percorso della Missione Clima per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2030, mirano a contrastare gli effetti del cambiamento climatico urbano, una trasformazione urgente e necessaria alla luce dei dati sempre più allarmanti dell’emergenza climatica.
Proprio per questo motivo, durante il quarto incontro abbiamo voluto entrare maggiormente nel dettaglio del verde urbano approfondendo così il tema dei boschi urbani e i loro benefici in città.
Dopo un’introduzione dedicata ai progetti già realizzati dal Comune di Bologna e dalla Fondazione IU Rusconi Ghigi nell’ambito di Bologna Verde, sono intervenuti quattro esperti del settore:
- Federico Magnani: Professore ordinario del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DiSTAL), Università di Bologna – Membro del Comitato Scientifico di Bologna Verde;
- Rita Baraldi: Dirigente di ricerca presso l’Istituto di BioEconomia, Consiglio Nazionale delle Ricerche, sede di Bologna (CNR-IBE);
- Letizia Cremonini: Ricercatrice presso l’Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, sede di Bologna (CNR-IBE);
- Giovanni Sanesi: Professore ordinario del Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (DiSSPA), Università di Bari Aldo Moro.
Che cos’è un bosco urbano?
Il Professor Federico Magnani ha aperto il dibattito evidenziando la differenza tra la definizione di bosco e quella di bosco urbano.
Secondo la normativa nazionale (Testo Unico Forestale – D.L. 34 del 2018), un bosco è un sistema complesso definito da criteri di estensione (minimo 2000 m²), larghezza media (non inferiore a 20 m) e copertura del suolo (maggiore del 20% arboreo). Tuttavia, gli spazi verdi urbani come giardini pubblici e privati, alberature stradali e filari sono escluse da quanto definito per legge, pur essendo essenziali per le città. Il concetto di bosco urbano non ha una definizione giuridica in Italia, ma è generalmente inteso come il risultato dell’espansione urbana in contesti naturali, includendo tutti gli spazi naturali, i corridoi ecologici, i giardini storici e persino il verde architettonico come il Bosco Verticale di Boeri a Milano e i tetti verdi. La FAO definisce le foreste urbane come reti o sistemi che comprendono tutti i boschi, i gruppi di alberi e i singoli alberi in aree urbane e periurbane.
La vera importanza del bosco urbano, ha sottolineato Magnani, risiede nei servizi ecosistemici che fornisce. Questi sono i benefici che gli esseri umani traggono dagli ecosistemi, sempre più minacciati a livello globale. Oltre alla produzione di legno (servizio di approvvigionamento), le foreste urbane offrono servizi di regolazione come la fissazione del carbonio (ovvero l’incorporazione del carbonio proveniente dalla CO2 atmosferica in composti organici), la mitigazione del microclima e l’abbattimento degli inquinanti. La creazione di boschi urbani deve considerare sia la funzione ambientale che gli aspetti economici. Esistono diverse tipologie di impianti, dal pioppeto (funzione produttiva, alto impatto ambientale, monocoltura) agli impianti misti (che combinano biodiversità e produzione, come i 3P – Policiclici Potenzialmente Permanenti) fino al metodo Miyawaki (funzione esclusivamente ambientale, pluristratificato, alto costo e complessità). Per quanto riguarda l’assorbimento di CO2, un ettaro di bosco misto di latifoglie può assorbire circa 3,5 tonnellate di carbonio all’anno, mentre i pioppeti possono assorbire più del doppio. Tuttavia, è fondamentale non sovrastimare la capacità di fissazione di carbonio degli alberi, specialmente con approcci basati sul singolo individuo, che non tengono conto dell’autodiradamento e delle dinamiche di fissazione legate all’età.
Le foreste urbane sono quindi un contributo importante ma non la soluzione definitiva alla crisi climatica.
Foreste urbane e qualità dell’aria
Rita Baraldi ha approfondito il tema dell’assorbimento degli inquinanti atmosferici.
L’inquinamento atmosferico è responsabile di circa 7 milioni di morti premature a livello globale ogni anno, con le città che contribuiscono al 70% delle emissioni di gas serra pur coprendo solo il 2% della superficie terrestre. In Europa, nel 2022, 239.000 persone sono morte prematuramente a causa dell’esposizione a PM 2.5, con l’Italia al secondo posto dopo la Polonia con 47.000 decessi prematuri nel 2021.
Le piante contribuiscono gratuitamente alla nostra salute assorbendo gas tossici e polveri sottili attraverso le foglie. La loro efficacia dipende da fattori intrinseci come fisiologia, morfologia e dinamiche di sviluppo, inclusa la presenza di stomi, cere e tricomi (peli) sulla superficie fogliare. Le specie sempreverdi sono particolarmente efficaci, specialmente in inverno, quando le concentrazioni di polveri sottili sono più alte.
Un aspetto però critico delle piante riguarda i Composti Organici Volatili Biogenici (BVOC) emessi dalle piante. Sebbene abbiano importanti funzioni ecofisiologiche (come attrarre impollinatori o difendersi da stress), in ambienti urbani con alte concentrazioni di ossidi di azoto, possono contribuire alla formazione di ozono. Per questo, nella progettazione di parchi urbani, è consigliabile limitare le piante ad alta emissione di BVOC come pioppi e alcune querce.
Rilevante è anche la disposizione degli alberi nel contesto urbano. Nei “canyon urbani” (strade strette con edifici alti), gli alberi ad alto fusto possono intrappolare gli agenti inquinanti, mentre arbusti o pareti e tetti verdi possono essere più efficaci. Nelle strade aperte, invece, alberi alti con sottobosco denso possono creare una barriera contro l’esposizione diretta dei pedoni. Infine, anche i prati urbani, specialmente quelli fioriti, contribuiscono all’assorbimento delle polveri sottili.
Il contributo della foresta urbana all’abbassamento delle temperature in città
Letizia Cremonini ha spiegato come gli alberi contribuiscono all’abbassamento delle temperature urbane e quali strumenti sono ad oggi disponibili per valutarne l’efficacia.
L’albero agisce sia in termini di adattamento che di mitigazione, riducendo l’isola di calore urbana e le ondate di calore. Un albero sano, non in stress idrico, mantiene una temperatura interna più bassa rispetto alle superfici urbane, fungendo da “schermo freddo” e riducendo il fabbisogno energetico degli edifici per il raffrescamento. Questo processo è detto raffrescamento adiabatico e avviene tramite l’evapotraspirazione della pianta.
Un approccio integrato è quindi fondamentale nella pianificazione urbana, considerando non solo i benefici termici ma anche il bilancio idrico (intercettazione delle acque piovane, riduzione della velocità di scorrimento, recupero della falda freatica) e il bilancio di salute (selezione di specie adatte, considerando anche le proprietà fitodepurative). Strumenti come Envimet, un modello di simulazione microclimatica, permettono di valutare scenari di progetto e lo stato di benessere microclimatico. Una sperimentazione svolta a Sestri Ponente ha dimostrato che l’implementazione di alberi come le querce migliorano in modo significativo la temperatura dell’aria e del PET (Physiological Equivalent Temperature), un indice di benessere che quantifica la percezione del calore umano.
Infine, è stato evidenziato il ruolo fondamentale del cittadino. Uno studio sul quartiere Bolognina della città di Bologna ha dimostrato che il verde privato ha un impatto molto rilevante sulla mitigazione delle temperature nelle corti interne, sottolineando l’importanza della manutenzione e sostituzione degli alberi nei giardini privati, come richiesto dai regolamenti comunali, non solo per ragioni estetiche ma per la loro funzione microclimatica.
Quale verde per una migliore qualità della vita?
Il Professor Giovanni Sanesi ha analizzato la relazione tra verde urbano e salute umana, inserendola nel contesto dell’Agenda 2030.
Il Goal 11.7 dell’Agenda 2030 mira a fornire accesso universale a spazi verdi pubblici sicuri e inclusivi. Infatti è molto importante considerare il verde come un unico sistema integrato (pubblico e privato), strettamente collegato ad altri obiettivi come l’agricoltura urbana, la promozione dell’attività fisica, la riduzione dell’inquinamento, la gestione delle acque con sistemi di drenaggio urbano e la tutela della biodiversità. Il cambiamento climatico porta a rischi specifici come alluvioni e ondate di calore. Gli alberi, con le loro radici profonde, agiscono come pompe d’acqua e condizionatori naturali tramite la traspirazione, offrendo un raffrescamento notturno che i prati non garantiscono. Sanesi ha illustrato esempi internazionali come le Forest Cities e Sponge Cities e la Urban Forest Strategy di Melbourne, che dimostrano l’investimento globale nel verde urbano per contrastare gli impatti climatici. La ricerca scientifica sta rivelando sempre più i benefici del verde sulla salute. Alcuni studi mostrano una correlazione tra la prossimità al verde e la riduzione delle malattie mentali, la riduzione dell’assunzione di psicofarmaci e un minor rischio di malattie cardiovascolari. Sanesi ha concluso ribadendo che il verde urbano è una delle soluzioni, non la soluzione unica, alla crisi climatica. È fondamentale ridurre il traffico veicolare e cambiare stili di vita. È inoltre molto importante una pianificazione basata su dati scientifici e una gestione efficiente del verde urbano. Infine, il coinvolgimento e la corretta informazione della cittadinanza sono essenziali, poiché senza la loro partecipazione, scienza e tecnica non producono gli effetti desiderati.
Una volta terminati gli interventi scientifici, proprio nell’ottica di favorire il processo partecipativo della cittadinanza ai progetti di Bologna Verde, si sono svolte delle tavole rotonde di approfondimento in cui i cittadini presenti hanno potuto confrontarsi con i relatori sui vari temi trattati.
Approfondisci Bologna Verde
Per approfondire il percorso di Bologna Verde è possibile visitare la sezione ad esso dedicata sul sito della Fondazione IU Rusconi Ghigi e su Partecipa – la piattaforma del Comune di Bologna dedicata alla partecipazione dei cittadini, alla collaborazione civica e alla cura dei beni comuni.







