Bologna sfida la qualità dell’aria – Parte 2

Impegno civico e lavoro istituzionale: le campagne di monitoraggio outdoor e indoor


Per decidere le politiche e le azioni di intervento è fondamentale conoscere la qualità dell’aria e agire di conseguenza tenendo in considerazione sia l’inquinamento outdoor (all’aperto) delle aree urbane, che l’inquinamento che si trova negli ambienti indoor (abitazioni, uffici, scuole, ospedali, palestre, mezzi di trasporto…) a causa dell’elevato numero di ore giornaliere di permanenza dei cittadini negli ambienti chiusi.

Per questo motivo, dal 1999 il Comune di Bologna, in collaborazione con l’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna (Arpae), esegue campagne di monitoraggio della qualità dell’aria ad integrazione di quelle effettuate dalle tre centraline fisse, situate in Via Chiarini, Porta San Felice e Giardini Margherita. I dati sono poi messi a disposizione attraverso dei report annuali che evidenziano i livelli di inquinanti dannosi in termini di rischio per la salute umana, ossia: le polveri sottili (in particolare i PM10 e PM2.5), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono troposferico (O3). Per garantire una più completa mappatura della situazione, nel 2011 il Comune di Bologna ha inoltre acquistato un laboratorio mobile, dato in gestione ad Arpae, che consente la programmazione e la realizzazione di campagne annuali o biennali su varie zone del territorio comunale.

Dal report pubblicato nel 2019 e relativo all’anno precedente, si vede ad esempio, come la media annuale di biossido di azoto non rispetti il valore limite di legge (fissato a 40 μg/m3) nella sola stazione di monitoraggio di Porta San Felice. Per quanto riguarda l’ozono, che è un gas normalmente riscontrabile anche in natura, è importante ricordare come la sua presenza sia maggiore nei mesi estivi, in particolare luglio e agosto, a causa dell’immissione di inquinanti provenienti dal traffico veicolare, dai processi di combustione, dai solventi delle vernici, e dall’evaporazione di carburanti che ne favoriscono la produzione.

Secondo i dati disponibili, la soglia pari a 120 μg/m3 da non oltrepassare per più di 25 giorni l’anno civile come media su 3 anni è stata superata in media in 50 giorni in corrispondenza di entrambe le stazioni di rilevamento a Bologna, situate ai Giardini Margherita ed in Via Chiarini. Per quanto riguarda il PM10, nessuna delle stazioni di monitoraggio ha superato il numero annuale massimo di 35 giorni in cui si è superato il valore limite giornaliero di 50 μg/m3 consentiti dalla normativa. Il maggior numero di superamenti si è verificato comunque in gennaio e febbraio. A sottolineare come, negli ultimi anni, la qualità dell’aria sia sostanzialmente migliorata, contribuiscono i dati relativi a PM2.5 e monossido di carbonio visto che, per il primo, le concentrazioni medie annue risultano nel 2019 significativamente inferiori al valore limite di 25 μg/m3, in tutte le postazioni presenti sul territorio metropolitano di Bologna mentre, per il secondo, il valore limite di 10 mg/m3 fissato dalla normativa non è mai stato superato nel 2019, con concentrazioni nettamente inferiori, di uno o due ordini di grandezza, rispetto al valore limite.

Come sappiamo, la città di Bologna è da sempre nota per il suo impegno civico e per la sua tradizione in termini di partecipazione ed ingaggio. Questo si riflette nella presenza di campagne di monitoraggio civico che vanno ad arricchire e talvolta anche a mettere in discussione le campagne di monitoraggio istituzionale, creando un clima di continuo e vivace dialogo tra le parti. Tra queste, va sicuramente citata Aria Pesa, la rete civica composta da associazioni e comitati di cittadini bolognesi che si battono per la difesa del territorio, dell’ambiente e della salute che, attraverso 317 campionatori posti sul territorio della città, hanno lavorato per rilevare la concentrazione di NO2 nella città di Bologna.

Se monitorare e cercare di migliorare la qualità dell’ambiente esterno è importante, lo è altrettanto agire in quei luoghi nei quali passiamo la maggior parte del nostro tempo, ossia casa, ufficio, scuola e impianti sportivi. In particolare, l’ambiente indoor è al centro di due progetti che hanno coinvolto alcune scuole della città di Bologna in attività laboratoriali e partecipative grazie alla collaborazione tra studenti, Centro Antartide, centri educativi (Ceas), tecnici Arpae, Regione e autonomie locali: CleanAir@School, concentrato sulla rilevazione di NO2 attraverso l’utilizzo di campionatori passivi collocati nel perimetro di alcune scuole primarie e secondarie, e RIO (Ratio indoor – outdoor), il cui intento è stato quello di aumentare la conoscenza relativa agli inquinanti atmosferici, in particolare alla concentrazione di ossidi di azoto (NOx) sia nelle aree esterne che nelle aree interne degli istituti scolastici. Fortunatamente, l’edificio ha dimostrato di avere un effetto protettivo mentre, uno dei dati più interessanti, ossia l’eventuale correlazione tra peggioramento della qualità dell’aria nei pressi delle scuole, e orari di entrata/uscita, ha evidenziato possibili picchi di concentrazione ma data la coincidenza degli orari con il momento di maggiore traffico sulle strade, non è stato possibile determinare un reale rapporto di causa/effetto. Questo, tuttavia, non significa che accompagnare i propri figli in macchina davanti a scuola, non abbia un impatto sulla qualità dell’aria e, di conseguenza, sulla loro salute.

Inquinamento atmosferico, emergenza sanitaria e crisi ecologica e ambientale: tre minacce, un’unica soluzione

Quanto detto fino ad ora dimostra come l’inquinamento atmosferico sia una tra le più grandi minacce alla salute umana, ma anche una delle più ardue sfide a livello istituzionale per la difficoltà di coniugare esigenze territoriali, politiche, economiche ed individuali. Una sfida che va a braccetto sia con la crisi ecologica e climatica, visto che alcuni inquinanti hanno un potenziale impatto sul clima e sul riscaldamento globale a breve termine – ozono troposferico (O3), la cui formazione si deve anche al metano, potente gas serra, e black carbon (BC) – che con la recente pandemia da Coronavirus.

Quest’ultimo aspetto è stato evidenziato da due importanti lavori scientifici, frutto della collaborazione tra Arpae, Università degli Studi di Bologna e il Public Health England, che descrivono i risultati degli studi in vitro, effettuati a Bologna, sulla reazione che le molecole delle cellule umane hanno avuto in risposta all’esposizione al particolato atmosferico (PM). Entrambi gli studi hanno permesso di ipotizzare il meccanismo per cui alti livelli di particolato nell’aria contribuiscono al peggioramento delle condizioni cliniche di persone affette da virus respiratori, tra i quali il Sars-Cov-2, soprattutto se in presenza di patologie pregresse.

L’inquinamento, dunque, non costituirebbe un elemento che facilita l’ingresso del virus nell’organismo, ma un ulteriore fattore di rischio, al pari di ipertensione, diabete e obesità. L’impegno nel ricercare un rapporto tra epidemia da Covid-19 e qualità dell’aria ha coinvolto anche il progetto europeo LIFE PrePair, nato per rafforzare le misure previste dai Piani Aria Regionali e dall’Accordo di Bacino che, nel corso dell’emergenza sanitaria ha analizzato l’impatto del lockdown sulla qualità dell’aria di una zona già critica come quella del Bacino Padano. Per questo motivo, la DG Environment della Commissione Europea ha deciso di insignirlo, nell’ottobre del 2020, del LIFE Award 2020, un premio destinato ogni anno a quei progetti che si sono distinti per la loro capacità di ispirare, innovare e avere un impatto concreto.

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Valeria Barbi – Fondazione Innovazione Urbana

Valeria si occupa di cambiamenti climatici e sostenibilità, dapprima nell’ambito della ricerca e dello studio delle politiche, e poi degli impatti sugli ecosistemi e l’ambiente urbano. E’ divulgatrice scientifica e, per la Fondazione, coordina i progetti europei e collabora al progetto editoriale Chiara.eco