La dichiarazione di emergenza climatica

Tredici mesi. Tanto è passato dal 30 settembre del 2019 quando Bologna ha preso atto, con l’approvazione ufficiale da parte del Consiglio Comunale della città, della situazione di emergenza climatica e ha firmato una dichiarazione che impegna la città a lavorare con urgenza per una transizione rapida e decisa verso l’azzeramento del proprio impatto climatico.

L’impegno è importante perché la sfida è molto seria. Siamo in piena emergenza climatica, su questo non ci sono dubbi. 

Tutti i dati e i rapporti scientifici, da quelli internazionali dell’International Panel on Climate Change (IPCC) e delle varie organizzazioni scientifiche a quelli nazionali, come l’ultimo rapporto sui rischi climatici in Italia prodotto dal Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici fino a quelli regionali, raccolti dall’Osservatorio Clima dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, l’Arpae dicono una sola cosa: i cambiamenti sono molto evidenti, consistenti e sempre più ad alto impatto. Ed è dunque necessario agire, velocemente e in modo deciso, per mettere in atto misure di mitigazione, che riducano la concentrazione dei gas climalteranti in atmosfera, e di adattamento, per rendere la nostra città e il nostro territorio resilienti e preparati ad affrontare gli eventi climatici. Come sostiene Mauro Buonocore nel commento pubblicato nella sezione COLLABORARE di questo sito,  «la lotta all’emergenza climatica non può prescindere dalla realtà locale perché la vita di tutti i giorni passa da lì, quella è la casa di tutti noi, e la nostra vita va organizzata dentro comunità locali.»

La firma è il risultato dell’incontro di diversi movimenti in una direzione convergente: quella di organizzazioni e cittadini preoccupati, e dunque molto attivi nel richiedere un impegno, e quella delle istituzioni locali che pur lavorando sul tema del clima da tempo necessitano di fare senz’altro passi più decisi. 

A un anno da quella firma, c’è stato poi un segnale pubblico e visibile nella piazza centrale della città del riconoscimento di questa situazione di emergenza da parte di tutti con l’esposizione di uno striscione sulla facciata di Palazzo d’Accursio poi portato in Liber Paradisus. Ma ci sono anche una serie di promesse che implicano impegni e impiego di risorse per mettere in campo azioni molto definite da parte del Comune di Bologna.

Striscione DECE

Cittadini e istituzioni in movimento

La storia dei movimenti in difesa dell’ambiente insegna che quasi sempre i cittadini sono stati i primi a muoversi e a richiedere un impegno forte da parte delle istituzioni. Oggi, ad esempio, sul sito della Environmental Protection Agency (EPA) americana troviamo un riconoscimento ufficiale del ruolo giocato da Rachel Carson, biologa americana autrice di un best seller che ha fatto storia, Primavera silenziosa, pubblicato nel 1962, nel quale venivano denunciati gli enormi impatti ambientali e sulla salute umana dei pesticidi utilizzati in agricoltura. Ma Carson non ha avuto vita facile, e nonostante abbia fin da subito trovato un immenso seguito tra i cittadini americani tanto da essere considerata una delle ispiratrici di molti movimenti ambientalisti, grazie anche alla sua notevole capacità comunicativa e divulgativa, è stata invece fortemente criticata dall’establishment istituzionale e industriale dell’epoca, bollata come catastrofista e addirittura tacciata di essere scientificamente poco attendibile. Ci sono voluti quasi 10 anni, e la pubblicazione di molti report, analisi, studi indipendenti per arrivare, nel 1970, alla nascita della EPA, alla messa al bando del DDT e alle prime leggi di difesa dell’acqua e dell’aria approvate nel 1972, otto anni dopo la morte di Carson.

La storia della lotta contro i cambiamenti climatici non è meno complessa. Uno dei primi libri che denuncia gli effetti potenzialmente drammatici del riscaldamento globale è The end of nature, scritto da Bill McKibben, oggi a capo di una delle più importanti organizzazioni internazionali di advocacy per la decarbonizzazione, 350.org, addirittura nel 1989. Quando quasi nessuno, a parte un manipolo di ricercatori, scienziati e ambientalisti, si poneva davvero il problema.

Oggi finalmente il problema se lo pongono in tanti, e in tanti reclamano azioni più decise e piani di contrasto ai cambiamenti più coraggiosi e significativi. Anche perché gli effetti della crisi climatica non sono più un’ipotesi del futuro, sono già ben presenti e molto concreti in tutta la loro gravità.

Il 2019 è stato l’anno in cui sono scesi in piazza milioni di persone, una massa che ha fatto pressione ed è riuscita a riportare nell’agenda delle organizzazioni e istituzioni internazionali e locali la questione dell’emergenza climatica dopo anni di convention sempre più timide e dichiarazioni spesso rimaste lettera morta, anche se, come vedremo, a livello locale alcune azioni erano state avviate anche se non sempre propriamente comunicate.

Sul territorio bolognese, in realtà, sono attivi da molto tempo associazioni, organizzazioni e comitati che lavorano per promuovere politiche attente all’ambiente e stili di vita coerenti con un minore impatto ambientale. Dai movimenti che hanno chiesto impegni sulla riduzione delle emissioni e il miglioramento della qualità dell’aria a quelli che da anni promuovono la mobilità sostenibile e la riduzione della circolazione del traffico privato nonché la pedonalizzazione del centro storico fino a quelli che si sono impegnati per migliorare la differenziazione dei rifiuti, per spingere la transizione verso le energie alternative o per rispettare e aumentare le aree verdi urbane, a Bologna l’impegno civico in favore dell’ambiente è presente e molto vivace da tanto, tanto tempo. 

Ma non c’è dubbio che lo scorso anno ci sia stato un cambio di passo, con un forte focus sul tema climatico. 

Gli studenti di Fridays for future (FFFs), movimento ispirato dalla studentessa svedese Greta Thunberg, hanno sfilato in oltre 7.000 città del mondo, coinvolgendo più di 10 milioni di persone. Il Global strike for Future organizzato il 15 marzo 2019 ha portato in piazza quasi due milioni di persone in un solo giorno. Anche Bologna è stata pacificamente invasa da migliaia e migliaia di studenti che hanno sfilato con striscioni e cartelli creativi in cui chiedevano un impegno concreto per il loro futuro. Un risultato simile, con oltre 15mila persone in piazza, si è avuto con un altro sciopero dei FFFs a settembre.

Nello stesso periodo, un altro movimento, Extinction Rebellion (XR), nato originariamente in Inghilterra ma diffuso presto anche in Italia e in molti altri paesi, ha sperimentato forme di azione nonviolenta e disobbedienza civile per manifestare contro l’emergenza climatica e chiedere forti misure di contrasto. Tra queste, anche lo sciopero della fame da parte dei propri attivisti, davanti alla sede delle istituzioni. 

Un primo sciopero, nel 2019, è quello che ha contribuito ad arrivare alla dichiarazione di emergenza climatica nella nostra città. Un secondo sciopero della fame, a settembre 2020, ha ulteriormente spinto in avanti il dialogo con il Comune di Bologna e gli impegni presi, pubblicamente, da parte dell’Amministrazione per accogliere le richieste del movimento. 

Questo sito, che punta a raccontare la crisi climatica ed ecologica, a spiegare i dati disponibili, a ragionarci sopra da diversi punti di vista, a connettere risorse e proposte e a rendere visibili le azioni che sono già in corso e quelle che si vanno delineando fa appunto parte degli impegni presi nei confronti di questi movimenti civici. 

Cosa è stato fatto fin qui?

Bologna ha avviato da tempo attivato una serie di misure di monitoraggio e di contrasto ai cambiamenti climatici, anche se in molti casi sono rimaste descritte nelle pieghe delle attività istituzionali e non tutti i cittadini se ne sono potuti rendere conto. Il bilancio ambientale, come strumento messo in campo per misurare le emissioni e altri parametri critici per capire come sta l’ambiente cittadino, è attivo dal 2003. Il bilancio serve anche a verificare quanto siano efficaci altri strumenti per il governo del cambiamento climatico, come quelli messi in campo nel 2012 con il Piano di azione per l’energia sostenibile (il PAES redatto in linea con il Patto dei sindaci cui la nostra città ha aderito) e nel 2015 con il Piano locale di adattamento ai Cambiamenti climatici. Nel 2012, poi, il Comune ha anche messo in campo il progetto triennale Life+ BLUE AP (Bologna Local Urban Environment Adaptation Plan for a Resilient City). Tra le azioni previste da questi piani c’è anche un monitoraggio delle emissioni di CO2, fatto una prima volta nel 2013 e ripetuto poi fino al 2018. 

I risultati di questo monitoraggio mostrano chiaramente che c’è una progressiva riduzione delle emissioni nel corso degli ultimi 15 anni e che gli obiettivi del PAES risultano complessivamente raggiunti (obiettivo: ridurre del 20% rispetto alle emissioni del 2005; risultato: una riduzione complessiva del 21,6%). Il grafico sottostante, pubblicato all’interno del Monitoraggio PAES 2018, parla chiaro.

In particolare, il settore trasporti ha visto una riduzione complessiva del 37%, anche se è evidente che i trasporti pubblici hanno molto ridotto le emissioni e quelli privati molto meno. L’illuminazione pubblica, che pesa pochissimo nel complesso, è comunque scesa di oltre il 43%. Rimane il fatto che i principali emettitori siano il settore residenziale, che non ha raggiunto gli obiettivi della riduzione del 20%, e su cui è necessario intervenire così come il settore del terziario non comunale.

A inizio dell’estate 2020, il Comune è partito con la redazione del nuovo Piano di azione per l’energia sostenibile e il clima (PAESC) che deve ragionare sui nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti. Il nuovo patto dovrebbe contenere esplicite azioni di mitigazione e di adattamento per la città.

Altre azioni in campo di politica ambientale sono state intraprese in questi anni dal Comune di Bologna:

  • la sottoscrizione nel 2017 della Carta di Bologna per l’ambiente: le Città Metropolitane per lo sviluppo sostenibile, in occasione del G7 ambiente.
  • l’inserimento e l’adozione di tutti i Sustainable Development Goals nel Documento Unico di Programmazione della città come riferimento per tutte le politiche cittadine
  • la definizione di nuovi strumenti di pianificazione come il Piano urbano della mobilità sostenibile (PUMS, 2017), che ha avuto un lungo iter con varie fasi di consultazione e partecipazione pubblica nel corso del 2018 e 2019
  • l’avvio di un Laboratorio Aria, avviato nel 2018 in collaborazione con la Fondazione Innovazione Urbana
  • l’avvio di un tavolo ambientale per la definizione del Piano urbanistico generale (PUG)

La firma e gli impegni presi nel 2019

Accogliendo in toto la proposta di dichiarazione di emergenza sostenuta da XR, e dunque esplicitando che «La lotta al collasso climatico ed ecologico e la tutela dell’ambiente sono la sfida più grande di sempre per l’umanità» e che «Infatti, stiamo affrontando una crisi non solo climatica ma anche esistenziale, considerando la velocità con cui stiamo compromettendo irreparabilmente l’ecosistema terrestre e la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi, inclusa la specie umana», il Comune di Bologna ha dunque dichiarato “lo stato di emergenza climatica ed ecologica” impegnandosi a intraprendere una serie di azioni molto concrete che dovranno portare la città “ad una transizione verso l’azzeramento del proprio impatto sul clima”. 

La dichiarazione bolognese si è unita in quel momento a quella di circa 500 altre città e realtà locali italiane e mondiali che hanno dichiarato l’emergenza. Oggi questo numero è salito a quasi 1800 giurisdizioni a livello mondiale (aggiornamento continuo sul sito Climate emergency declaration e sulla mappa mondiale).

In pratica, gli impegni si riassumono così:

  • promuovere la conoscenza e divulgare informazioni puntuali sulle emissioni della città Metropolitana di Bologna contestualmente a una azione di informazione puntuale sulle azioni efficaci per la loro riduzione
  • agire sulle emissioni per portarle entro il 2030 allo zero netto, prevedendo un loro dimezzamento entro il 2025. Gli obiettivi definitivi sono in corso di definizione all’interno del PAESC in elaborazione
  • stabilire una road map entro 100 giorni dalla firma per definire in dettaglio le misure necessarie come rimboschimento urbano; piano di mobilità sostenibile con anche incentivi dati ai cittadini per andare in questa direzione; riutilizzo di spazi esistenti per ridurre le nuove costruzioni e dunque la cementificazione del territorio; efficientamento degli edifici pubblici e nuove misure e incentivi per quelli privati
  • misure e disincentivi per le attività che non vanno nella direzione di riduzione delle emissioni
  • promozione della partecipazione cittadina alle politiche ambientali accogliendo la richiesta di XR di creare assemblee popolari che possano elaborare nuove politiche con il supporto di tecnici ed esperti
  • promozione di azioni e tavoli di aggiornamento periodico sulla situazione per monitorare l’andamento degli impegni presi

Accogliendo le richieste proposte da Extinction Rebellion e da altri movimenti cittadini, la dichiarazione fa esplicito riferimento al concetto di giustizia climatica, e quindi alla necessità di intervenire per evitare che gli impatti dei cambiamenti climatici siano più forti e pesanti sulle fasce di popolazione più debole. Si parla anche della necessità di attuare forme di democrazia deliberativa e partecipativa, con la costituzione di assemblee cittadine che possano sia partecipare alla messa a punto di politiche ambientali che monitorare l’operato del Comune e delle istituzioni locali. Assemblee di questo tipo esistono già in altri paesi europei ed è a queste esperienze preesistenti che la dichiarazione fa riferimento. 

Si parla infine, nella dichiarazione, in modo esplicito di trasparenza, nel senso di una azione costante di informazione sui dati e sui progressi effettuati.

Dopo la dichiarazione

Bologna ha avviato il percorso per costruire, in modo partecipativo, due strumenti di pianificazione essenziali per le politiche sul clima:

Nonostante questi sforzi, il Comune è stato da più parti criticato per non aver  applicato tutti gli impegni presi con la firma della dichiarazione. Certo, nel mezzo è scoppiata la pandemia e c’è stato un lockdown con tutte le conseguenze del caso. L’emergenza ha rallentato alcune attività mentre ne ha accelerato altre, come l’estensione delle piste ciclabili.

Nel settembre 2020, con un nuovo sciopero della fame da parte di un suo esponente in Piazza del Nettuno, Extinction Rebellion ha chiesto con forza al Comune di Bologna di rispettare gli impegni presi con la Dichiarazione e di renderla ampiamente pubblicizzata e conosciuta alla città, di abbandonare i progetti edilizi non ritenuti in linea con la Dichiarazione firmata e, soprattutto, di istituire un’Assemblea cittadina per il clima entro l’anno per costruire in modo partecipato un programma da attuare entro i prossimi 5 anni. 

Con un incontro tra gli attivisti e la vicesindaca di Bologna, Valentina Orioli, il 17 settembre è stato firmato un accordo che prevede essenzialmente la realizzazione di alcuni punti chiave:

  • l’esposizione dello striscione sulla facciata di Palazzo d’Accursio sulla Dichiarazione di Emergenza climatica da parte della città
  • la pubblicazione delle delibere e di tutti i dati climatici disponibili per una informazione trasparente
  • l’organizzazione di un incontro pubblico entro metà novembre con scienziati ed esperti per presentare i dati climatici alla cittadinanza e i possibili scenari di decarbonizzazione nella definizione del PAESC
  • la pubblicazione di un sito web dedicato all’emergenza climatica ed ecologica. 

Chiara.eco assolve proprio a quest’ultima richiesta. 

E anche per questo vi chiediamo non solo di leggerci ma anche di interagire, scriverci e segnalarci dati, contenuti, azioni e iniziative che possono facilitare il lavoro di tutti, cittadini e istituzioni, nella lotta contro il cambiamento climatico.

Elisabetta Tola – Formicablu

Immagine di apertura: mdb, via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0.