ReSET, dati e cittadinanza attiva per guidare lo sviluppo sostenibile

Un progetto europeo propone nuove soluzioni tecnologiche per guidare lo sviluppo sostenibile sul territorio attraverso il monitoraggio ambientale. La sperimentazione è iniziata anche a Bologna.

 

Combinare lo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro con la tutela dell’ambiente è una delle sfide più importanti della nostra era, in cui gli effetti del cambiamento climatico stanno già avendo un impatto sulla nostra economia. Il progetto europeo ReSET (Restarting Economy in Support of Environment through Technology, far ripartire l’economia tutelando l’ambiente grazie alla tecnologia) sta studiando come sfruttare la tecnologia per far coesistere ambiente e crescita economica in sette aree europee, tra cui Bologna. 

“ReSET studia come migliorare la relazione tra la pianificazione del territorio e il monitoraggio ambientale, per orientare gli investimenti verdi”, spiega Margherita Ascari, dottoranda in Service  Design dell’Università di Bologna, che segue la costola bolognese del progetto su finanziamento di CNR IRSA di Bari, in collaborazione con il gruppo dell’Advanced Design Unit di Bologna. “Il modello attuale di sviluppo economico è incompatibile con la protezione dell’ambiente. Questo progetto studia come coniugare questi aspetti con soluzioni tecnologiche”. 

In particolare, ReSET punta sulle nuove tecnologie di intelligenza artificiale e di rilevamento ambientale: i dati ambientali (per esempio quelli su siccità, piogge, aree verdi ma anche biodiversità) vengono gestiti da algoritmi per identificare le aree più adatte allo sviluppo agricolo e urbano, assieme a quelle da tutelare. Sul territorio, poi, il progetto testerà alcuni approcci innovativi per l’agricoltura e lo sviluppo urbano, in collaborazione con le comunità locali.

 

Dati aperti e partecipazione

Il progetto raccoglierà dati ambientali con centraline di monitoraggio a basso costo e i cui dati saranno open source, disponibili per chiunque voglia consultarli da una piattaforma sul web. Nella gestione delle centraline e nella raccolta dei dati verranno coinvolti anche gli abitanti delle zone coinvolte nel progetto, seguendo l’approccio della citizen science (o scienza partecipativa), in cui gruppi di non esperti da un lato partecipano attivamente alla ricerca scientifica raccogliendo dati, e dall’altro portano a casa un bagaglio di competenze e informazioni sul territorio in cui vivono.  

 


Il progetto ReSET sta testando questo metodo in 7 aree europee; una di queste è Bologna, in cui si focalizzerà su come ridurre gli effetti del caldo estremo. A Bologna, infatti, il cambiamento climatico ha già portato a ondate di calore più lunghe e più frequenti, con una temperatura minima dell’area urbana più alta di 3,5 °C rispetto alle aree rurali circostanti. 

Il progetto ha individuato sei aree diverse della città: nel centro cittadino, fuori dal centro e in aree aperte, con diverse caratteristiche di copertura verde o di cementificazione per capire i modi in cui la vegetazione aiuta a ridurre la temperatura. Ma non solo. “Vogliamo anche capire quanto il verde cambia la percezione delle persone”, spiega Ascari. “Abbiamo già condotto attività di citizen science con un gruppo di circa 80 studenti che hanno raccolto dati sulle aree verdi attraverso una app, misurando anche aspetti legati al benessere, positivi e negativi”.   

La partecipazione delle persone che abitano a Bologna a ReSET passerà anche per il coinvolgimento di associazioni e reti già attive sul territorio, alcune delle quali hanno già accolto le centraline di monitoraggio ambientale. 

 

Per fare un albero: ascolta la puntata del podcast di Chiara.eco sul verde in città

 

Guidare le politiche locali

I dati raccolti da ReSET daranno indicazioni utili per capire come gestire al meglio le aree verdi cittadine e renderle più resilienti agli effetti del cambiamento climatico. In particolare, questi risultati saranno utili nel contesto di Impronta Verde, tra i progetti bandiera del Comune di Bologna per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. Impronta Verde è una strategia per migliorare la gestione delle aree verdi, integrandola con quella di altre infrastrutture ad esse collegate (come le piste ciclabili e le aree pedonali). La strategia prevede la realizzazione di sei ecosistemi urbani in città, che includeranno parchi già esistenti e nuove infrastrutture verdi; alcune di queste aree sono proprio quelle che ReSET ha deciso di prendere in considerazione nello studio, in modo da fornire indicazioni utili agli amministratori locali. 

Per rendere le aree verdi della città più resilienti agli effetti del cambiamento climatico, sì, ma anche per promuovere un cambio di paradigma nel modo di pensare e gestire il verde urbano: non solo come spazi ricreativi o che aggiungono valore estetico, ma come parte integrante della vita quotidiana, anche economica, della città. 

 

di Anna Violato – formicablu

Anna Violato è una comunicatrice della scienza freelance che vive a Bologna. Collabora con RADAR Magazine, testata online che racconta i cambiamenti del clima e dell’ambiente, con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con la casa editrice Zanichelli.

Immagine di copertina: Progetto ReSET